TUGLIE TRA OTTO E NOVECENTO

TUGLIE TRA OTTO E NOVECENTO


Tuglie Panorama da Ponente

 La questione meridionale, agli inizi, si pose soprattutto in termini politici, come creazione di una base di consenso alle istituzioni unitarie in un territorio infestato dal brigantaggio. 

   In termini civili si contraddistinse nella lotta all’analfabetismo e nella creazione di un più moderno sistema di comunicazioni e di trasporti terrestri. A partire dagli anni Ottanta, e specie con l’introduzione delle tariffe del 1887 in poi (guerra doganale con la Francia), la questione si pose in termini economici. 

   I costi maggiori furono pagati dalla viticoltura pugliese e siciliana, e meridionale in genere; si accentuarono i processi di destrutturazione produttiva nelle aree e nei settori più deboli del Sud; i settori più dinamici accusarono una forte penalizzazione nei confronti del mercato interno e internazionale.

   Da una serie di studi recenti, emerge una nuova immagine del Mezzogiorno, che, dopo la pesante arretratezza messa a nudo nei primi anni Novanta, riprende ed esalta sin oltre l’età giolittiana, le proprie vocazioni produttive: agrumi, trasporti marittimi,e ancora vino, olio e liquori.

   Lo sviluppo continuò nei settori agricolo-commerciali, dei trasporti e dei servizi in genere e con la “modernizzazione” accrebbe la possibilità di acquisto, da parte del Mezzogiorno, dei prodotti di manufatti settentrionali.

   Dal Novanta in poi, le rimesse degli emigranti consentirono una stabilità dei cambi ed ampliarono quantitativamente e qualitativamente la domanda di beni di consumo e strumentali.

   Indubbiamente il Sud partecipò al processo di accumulazione capitalistica e di sviluppo industriale del Nord in vari modi.

   Alla vigilia del Primo Conflitto mondiale, rispetto al 1861, il Mezzogiorno incrementò il reddito complessivo pro-capite, dispose di una rete ferroviaria e di una viabilità ordinaria superiore a quella del 1861, presentò tassi di analfabetismo più bassi di un cinquantennio prima; vantò persino, come indicato per alcuni tra i maggiori contesti urbani del Meridione, alcuni nuclei d’industria ed una fascia di piccole imprese.

   Non siamo molto lontani dal vero se affermiamo che buona parte di questo schema interpretativo possa applicarsi alla realtà socio-economica del centro salentino di Tuglie, all’interno del periodo storico considerato, oggetto del presente studio.

   La forte crisi agraria che attanagliò il Meridione d’Italia agli inizi del secolo ventesimo e tutti i piccoli e grandi centri che fondarono ogni attività sul settore agricolo, a Tuglie fece registrare provvedimenti amministrativi del sindaco Giuseppe Ria, che il due luglio 1900 affrontò nell’aula consiliare il nodo della disoccupazione , aggravata in campo agricolo dalla pietosa situazione dei raccolti vinicoli, falcidiati dalla peronospora. L’orientamento generale, al fine di scongiurare concreti problemi di ordine pubblico, era quello di avviare una serie di lavori pubblici, quali lo sventramento della via Giardini per congiungere la via di Parabita con quella detta Oliveto, la sistemazione di alcune vie vicinali che attraversavano la campagna dalla parte della collina e l’esecuzione di improrogabili lavori stradali all’interno del paese. Oltre alla necessità di contrarre un mutuo con privato oppure con la Cassa Depositi e Prestiti, l’amministrazione comunale dovette ricorrere all’acquisto di grano, orzo, legumi, da vendersi a prezzo di costo.

   Il successivo nove luglio, in altra lunga discussione in aula, si ribadì la necessità del lavoro da trovare per la classe subalterna dei contadini, i quali potevano essere impiegati nei lavori di apertura della via per mettere in comunicazione la strada di Parabita con la via Giardini fino alla via Oliveto, e nei lavori di sistemazione della via vicinale in contrada Scirocco e della via Vecchia per Neviano sino alla contrada Fanciullo, che portava al confine con il territorio di Gallipoli e Neviano; opera questa che avrebbe procurato lavoro per parecchio tempo e grande vantaggio per i proprietari delle campagne attraversate dalla strada.

   Il nove agosto 1900 il Consiglio comunale di Tuglie si riunì in seduta straordinaria per condannare, per bocca del sindaco Ria … l’esecrando delitto, da mano selvaggia perpetrato nell’Augusta persona del Re Magnanimo, mentre rimane inorridito innanzi a tanta sciagura che à colpito la Nazione…. Per la morte del Re Umberto I°, avvenuta a Monza la sera del 29 luglio, il Consiglio deliberò di far eseguire nella Chiesa Parrocchiale le onoranze funebri in suo onore, disponendo il lutto cittadino per sei mesi. 

   Tuglie, un piccolo paese agricolo di appena 4000 abitanti, visse con grandi difficoltà questo momento di profondo disagio economico e sociale, insieme con il sindaco Ria, che, eletto il 27 aprile 1899 con la maggioranza assoluta dei voti, rimarrà in carica sino al 1903.

   Il Consiglio comunale cittadino, conseguentemente al trattamento poco decoroso ricevuto dall’assessore Raffaele Santese e dal segretario comunale Ludovico Scuro a Gallipoli in sottoprefettura, dove si erano recati per esporre le gravi condizioni del paese conseguenti alla perdurante crisi agraria, rassegnò in blocco le proprie dimissioni e soltanto il 9 marzo 1901, per l’intervento presso il sottoprefetto del cittadino onorario, On. Vischi, le ritirò al fine di garantire un minimo di amministrazione corrente (pagare almeno gli stipendi agli impiegati) e attutire il sempre incombente pericolo dei disordini pubblici.

   Il disagio sociale della stragrande maggioranza della popolazione pugliese nell’arco dell’intero secolo XIX, specie in contesto post-unitario, si riferiva naturalmente alle generali condizioni di vita (alimentazione, abitazione, tutela della salute, assistenza farmaceutica), di lavoro e di istruzione, per le oggettive precarie condizioni dell’Ente comunale a far fronte con fondi propri all’immane materia d’intervento nel settore della pubblica attività amministrativa.

   Tuttavia, le nuove scoperte scientifiche dell’età positivistica che incisero sull’immaginario collettivo, ma non ne individuavano la panacea per la soluzione d’ogni problema, il diffuso senso d’insicurezza, il processo di sindacalizzazione e di massificazione spinsero la classe dirigente dei galantuomini a volersi occupare, nei limiti del praticabile e pur nella malcelata paura di paventati scossoni rivoluzionari, di diverse problematiche relative alla quotidianità, che impedisse almeno il turbamento dei vecchi equilibri di potere economico, di status sociale, politico.

   Il Consiglio comunale di Tuglie, presieduto dal sindaco Giuseppe Ria (segretario Ludovico Scuro), si vide costretto a far fronte alla grave crisi economica e finanziaria locale con l’imposizione di un dazio sulla minuta vendita del pane, che veniva fornito anche da paesi vicini, come Gallipoli, Collepasso, Maglie. 

   Nell’ottobre del 1901 con la proposta di mantenere in bilancio le tasse comunali, le sovrimposte nei limiti legali e l’applicazione del dazio di lire due a quintale sulla vendita del pane, si cercò di reperire fondi per pagare il debito di lire 2.000,24 per spese mandamentali al Comune di Gallipoli e di lire 914,70 per il pagamento del saldo all’impresa Merenda, che aveva effettuato lavori per la costruzione della Casa comunale. Le entrate dell’esercizio 1902 ammontavano a lire 19.938,71 e le spese erano pari a lire 25.354,15, causate dalle tante pendenze dell’amministrazione ordinaria e straordinaria. Il disavanzo era quindi di lire 5.415,44.

   Nello stesso mese d’ottobre, con deliberazione del Consiglio comunale fu inserito nel Regolamento della tassa per il bestiame un nuovo articolo: E’ applicata la tassa di lire 3,00 per capo di capre e pecore ai detentori che non avendo beni rustici di sorta alcuna ne posseggono un numero superiore a due… La repressione del pascolo abusivo era motivata dal fatto che i caprai, non avendo alcuna proprietà, recavano danni positivi alla proprietà degli altri. Preso atto che questo sistema comprometteva la libertà individuale dei cittadini, si decise di mettere fine al prepotente abuso colpendo con la tassa i detentori di capre e pecore che erano proletari. 

   Il sottoprefetto di Gallipoli, con nota del 10 dicembre 1901 precisò l’inapplicabilità di una tale tassa, poiché il Regolamento si riferiva alle bestie da tiro, da soma e da sella, tra cui certo non potevano annoverarsi né pecore né capre.

   Alla fine di quell’anno, con l’aumento della popolazione, Tuglie avvertì la ristrettezza del proprio territorio con i fabbricati che sorgevano nei territori dei comuni di Alezio e Gallipoli. Il sottoprefetto del circondario gallipolino annotò che il comune di Tuglie non era tra quelli murati e che non vi era alcuna disposizione di legge che accordasse beneficio di ampliamento territoriale, nel caso fossero carenti di territorio esterno. Occorreva dunque chiedere il parere al Consiglio provinciale, il quale doveva riconoscere se vi fossero le condizioni del comune murato o meno, dell’insufficienza del territorio del comune richiedente, della sussistenza delle ragioni topografiche e naturalmente del parere dei Comuni controinteressati.

   Tra i provvedimenti cui l’Ente comunale fu costretto ricorrere per reperire fondi nelle casse municipali si individua la proposta di eccedenza nella tassa focatico (nella misura del 30%) ed inoltre la richiesta al Governo centrale di voler ridurre le imposte dirette e indirette di consumo. Nel caso specifico del paese dedito ad attività agricole, specie quella vitivinicola, nel maggio del 1902, il sindaco Giuseppe Ria chiese al Governo provvedimenti immediati per riparare ai gravi effetti della crisi agraria e commerciale, ricordando che la crisi agricola del centro salentino era da addebitarsi in massima parte al mancato raccolto vinicolo e oleario di parecchi anni e dal contemporaneo deprezzamento dei prodotti sul mercato mondiale. In proposito fece riferimento all’esosità del credito fornito dagli Istituti Bancari, che spesso causavano il ricorso capestro al tasso usuraio. Le tristi condizioni di tutta la popolazione, in angustie economiche, perduranti da oltre un triennio, sono ormai diventate insopportabili. Perciò, oltre agli sgravi di natura fiscale accennati, si chiese la riduzione sensibile della tassa e l’abbuono di distillazione degli alcool dalle vinacce e dal vino….

   Fu suggerito di venire incontro ai bisogni della generalità dei cittadini, indicando piuttosto disponibilità di bilancio volte a sussidiare opere d’immediato vantaggio alla produzione agricola, come il completamento della viabilità ordinaria, ferroviaria e abbassamento delle tariffe delle imposte.

   Nell’agosto del 1902 si domandò il concorso dello Stato per il recupero di lire 5.000 che si sarebbero ricavate con l’applicazione del dazio sui farinacei, abolito con legge 23 gennaio 1902, n.25.

   Il 22 settembre del 1902 Giuseppe Ria venne rieletto sindaco per il triennio 1902-1904.

   La sua amministrazione conferì, nel mese d’ottobre, l’appalto dell’esattoria per il decennio 1903-1912, a Raffaele Stamerra di Cesario, esattore uscente. Un anno dopo si vide costretta a mettere in mora Nicola Spinelli, poi dichiararlo decaduto dall’incarico, per irregolarità nell’illuminazione dei fanali pubblici. Affrontò il problema dell’assistenza medica fornita ad un elenco di poveri eccessivamente lungo, in concomitanza dell’assenza sul territorio di un’Opera Pia e del numero della popolazione pari a 4.045 abitanti e autorizzò il trasloco del servizio portalettere in un vano della casa comunale. 

   Nel settembre del 1903 il Consiglio comunale, dovendo procedere alla nomina della Commissione Edilizia, invitò la Giunta municipale a preparare uno schema di regolamento edilizio. Nella seduta consiliare del successivo 22 ottobre lo schema del detto regolamento, composto di 77 articoli, fu approvato integralmente. 

   Nel dicembre del 1904 il Consiglio, recependo le istanze popolari, favorevoli alla coltivazione del tabacco, s’impegnò a fare pressioni presso il Ministero delle Finanze – Direzione Generale delle Privative al fine d’ottenere una concessione per la coltivazione di quella pianta industriale.

   Nell’anno 1905 l’attività amministrativa s’indirizzò su alcuni servizi d’utilità pubblica (sistemazione e allargamento di strade interne, convogliamento delle acque piovane nelle voragini di S. Lucia e Calati, condotta ostetrica per i poveri, secondo servizio postale, nomina di Giuseppe Saccomanno in qualità d’insegnante, l’istituzione di una cassetta postale in piazza) e si pose attenzione al dibattito sull’istituzione della rete ferroviaria salentina, che non danneggiasse il tracciato favorevole alla cittadina.

   Nello stesso anno furono fatti voti al Governo perché venisse realizzato nella stazione ferroviaria di Sannicola il locale per la custodia delle merci viaggianti a piccola velocità. In quella stazione i produttori tugliesi appoggiavano tutte le spedizioni di questo importante centro vinicolo dirette al nord d’Italia e all’estero. Dai registri della stazione risultava, infatti, che quelle spedizioni costituivano la maggior parte del lavoro eseguito dalla ferrovia. Per la mancanza del locale di deposito, le merci viaggianti a piccola velocità rimanevano esposte alle intemperie ed a qualsiasi atto vandalico fino all’arrivo dei vagoni destinati a caricarle. 

   Dopo l’elezione a sindaco del dottor Raffaele Mosco, venne rinnovata la Giunta con la nomina degli assessori Pietro Stamerra, Giacomo Palmisani, Ambrogio Piccioli, Anastasio Imperiale.

   Le difficoltà di bilancio affiorarono nella relazione di previsione per il 1906, in cui si accertò una spesa di lire 27.044,18, contro entrate di sole 23.886,05 e nella protesta contro gli accordi tra Italia e Spagna, che finirono ancora una volta col danneggiare gli agricoltori pugliesi. Vennero applicate le tasse su vetture e domestici, sulle bestie da tiro, da sella e da soma, onde garantire servizi di nettezza urbana, d’illuminazione pubblica, di pesi e misura pubblica. Si istituirono le scuole serali, sentite dai capi famiglia come opportunità culturale irrinunciabile.

   Dopo aver adottato il “Regolamento per l’assistenza sanitaria medico-chirurgica ed ostetricia per i poveri” e dimessosi il segretario Ludovico Scuro, sostituito da Raffaele Lanzilao, nel novembre del 1907 il sindaco Raffaele Mosco venne sostituito dall’avvocato Francesco Mosco, il quale s’impegnò a favore dell’edilizia scolastica, del servizio sanitario e soprattutto incaricò ufficialmente la Congregazione di Carità di occuparsi dell’acquisto e somministrazione dei medicinali per i poveri.

   Sino all’ottobre del 1909, anno in cui si dimetterà, il sindaco affrontò il delicato problema della seconda condotta medica, negata dalla regia Prefettura di Terra d’Otranto, e di altre incombenze che portarono ad un deficit di bilancio, per quell’anno, di lire 2.933,90.

   Il trenta ottobre dello stesso anno, s’insediò quale primo cittadino Ambrogio Piccioli, che guiderà l’amministrazione sino al 14 dicembre 1914. La sua attività fu notevole per l’impegno profuso per una serie di lavori pubblici (sistemazione piazza e progetto per l’edificio scolastico), per l’approvazione, il 23.05.1913, dell’impianto della luce elettrica a Tuglie, per l’istituzione di un corso scolastico popolare. Lo scoppio in Europa del conflitto mondiale, i preparativi per l’ingresso dell’Italia in guerra, la chiamata alle armi di molti cittadini tra cui collaboratori ed impiegati comunali, la gestione degli affari di famiglia, spinsero forse, accanto alle terribili difficoltà del momento storico, Ambrogio Piccioli a rassegnare le dimissioni dalla carica di sindaco e di consigliere comunale: fu sostituito nell’incarico dall’avvocato Francesco Mosco (che nel 1909 era stato sostituito da Ambrogio Piccioli). 

   Nel dicembre del 1914, mentre in Italia ferveva il dibattito sull’intervento in guerra per il compimento dell’Unità del Paese, a Tuglie l’assessore Salvatore Saccomanno si preparava ad assistere col segretario comunale i giovani tugliesi della classe 1895 chiamati presso il Consiglio di Leva di Gallipoli. Il personale degli uffici comunali era costituito dal segretario Raffaele Lanzilao, dagli applicati Benedetto Monteanni e Donato Lanzilao e dalle guardie municipali Vitantonio Manta e Lazzaro Stamerra. Esattore – tesoriere era sempre Raffaele Stamerra di Cesario confermato per il decennio 1913-1922. La Giunta municipale il 30 dicembre 1914 liquidò a Gregorio Manieri, appaltatore dei fanali della pubblica illuminazione, lire 63 per due fanali accesi nel corso dell’anno e non compresi nell’appalto; a Luigi Errico lire 73,60 per pulizia dell’orinatoio pubblico; alla Tipografia Siena di Matino lire 170,55 per stampe e complessive lire 11,50 per litri 19 di petrolio, tubi e calzettella occorrenti alla sede municipale. Nella primavera del 1915 con i provvedimenti per il pane venne istituito il servizio annonario per la distribuzione dei generi di prima necessità e specialmente del grano e del pane. Il fabbisogno mensile di grano per il Comune di Tuglie era di quintali 400. Per finanziare gli approvvigionamenti occorreva un prestito di almeno lire 20.000 al tasso più conveniente (massimo 7%) e per la durata di tre mesi. La prima prenotazione di grano era stata soddisfatta. Perciò il grano di Stato fu consegnato ai panettieri del paese a prezzo di costo per produrre una qualità di pane senza crusca e cruschello, aggiungendo una parte di farina di prima o “fiore”, da vendersi ad un prezzo non superiore a centesimi quarantacinque al kg.

   Il contesto bellico, l’economia di guerra, le generali difficoltà relative alle gravi necessità alimentari della popolazione indussero spesso il primo cittadino ad occuparsi personalmente di approvvigionamenti di pane e derrate alimentari, ad assicurare un minimo di assistenza sanitaria e sociale ed a chiedere alla Cassa Depositi e Prestiti un mutuo di lire 12.000 per finanziare il progetto di costruzione dell’edificio scolastico. Ma tale importo, nel 1918, servirà a ripianare soltanto le deficienze delle entrate dello stesso anno, dipendenti dallo stato di guerra.

   Fino all’anno 1899 la manutenzione e la pulizia delle strade del paese erano effettuate in economia. Poiché non vi era convenienza, l’Amministrazione si mostrò favorevole ad appaltare il servizio con l’obbligo dello sgombero del terriccio dopo le piogge e della pulizia del canale lungo la via di Parabita. Così, la sera dell’8 novembre 1899, il Consiglio comunale deliberò di cedere in appalto, per un periodo di cinque anni e per l’importo di £. 600 a base d’asta, la manutenzione della via per Maglie (oggi Via Trieste) e delle vie per Parabita e Sannicola, considerate le più importanti perché attraversavano il paese. Il Consiglio, inoltre, deliberò la previsione in bilancio della somma di £. 180 per il salario da pagare allo spazzino comunale per la pulizia delle strade. 

   Nel 1904 sorse la necessità di sistemare alcune vie interne che erano quasi impraticabili. Venne prevista in bilancio la somma di £. 950 e soltanto per la riparazione della Via Ferro, il perito Damiano Rubino presentò un preventivo di £. 365,55. Oltre alla Via Ferro bisognava sistemare la Via Arciprete, che si congiungeva con la prima, e la Via Saccomanno. I lavori dovevano essere eseguiti in economia. C’era poi il problema della sistemazione delle vie vicinali ed il Consiglio, in data 3 marzo 1904, stabilì di far eseguire i lavori a spese degli utenti. 

   Col 31 dicembre 1906 scadeva l’appalto della manutenzione delle vie interne ed il servizio della spazzatura. Il Consiglio comunale, con deliberazione del 14 dicembre, appaltò cumulativamente il servizio della manutenzione delle strade con quello della spazzatura per la durata di cinque anni e col prezzo a base d’asta di £. 1.400, con l’onere per l’appaltatore di provvedere a tutte le esigenze del servizio. Alla scadenza dell’appalto (31 dicembre 1912), il Consiglio deliberò il nuovo appalto includendo nel prezzo tutte le vie del paese. Il prezzo a base d’asta venne stabilito in £. 3.000 per la manutenzione delle strade e in £. 2.000 per il servizio della spazzatura. 

   L’appalto venne conferito al geom. Oreste Primiceri che prima della scadenza, fissata per il 31 dicembre 1918, fece sapere che non poteva continuare il servizio per tacita conduzione essendo aumentati i prezzi dei materiali e della manodopera. La Giunta municipale, riunitasi il 29 gennaio 1919, stante l’urgenza di provvedere alla manutenzione delle strade, rese impraticabili dalle piogge torrenziali, assegnò al geometra Primiceri la somma di £. 700 per maggiore quantità di brecciame da spargere sulle vie e per il rincaro della manodopera. 

   Col 31 dicembre 1919 cessò l’appalto per tacita conduzione tenuto dal geometra Primiceri e per conferire il nuovo appalto venne nominato il perito Rocco Serino di Parabita per assistere alla consegna delle vie all’Amministrazione comunale.

   Il 23 febbraio 1920 la Giunta municipale , dovendo appaltare con urgenza il servizio della pulizia delle strade, incaricò Giuseppe Pastore fu Vito di provvedere al servizio della spazzatura dal 1° gennaio al 31 dicembre 1920 col corrispettivo di £. 2.176.

   Per la manutenzione delle vie interne, l’Amministrazione stabilì di provvedere direttamente potendo così realizzare delle economie. 

   Particolarmente delicata si presentò la problematica relativa all’istituzione del servizio sanitario per assistere la popolazione di Tuglie con un efficiente servizio farmaceutico (dr. Pasquale Vergine e dr. Salvatore Vergine) medico ed ostetrico, tenendo in debito conto gli iscritti al nutrito elenco dei poveri. Il dr. Luigi Vergine, medico condotto nel Comune, il 24 ottobre 1890, ebbe la nomina di ufficiale sanitario, senza alcun compenso e retribuzione di sorta, ma solo con rimborso delle spese inerenti la carica di £. 50.

   Nel dicembre dello stesso anno il Consiglio si occupò dell’istituzione d’un fondo per il pagamento dei medicinali per i poveri e nell’aprile dell’anno successivo prese atto delle dimissioni del medico condotto Luigi Vergine, il quale svolse opera preziosa nelle epidemie del 1884 (morbillo), del 1888 (vaiolo), delle influenze degli anni 1890 e 1891 ed ancora del 1891 per morbillo. Nominò così quale medico condotto il dr. Carlo Ferrari da Parabita, per tre anni e con lo stipendio annuo di lire 2.250, il quale per lettera declinò l’incarico.

   L’Amministrazione di Tuglie individuò per lo stesso servizio il dr. Raffaele Corvaglia da Ruffano, che offriva lusinghiere garanzie professionali (laureato presso l’Università di Napoli il 9 agosto 1880), con lo stesso stipendio di lire 2.250 annue, per la condotta estesa alla generalità degli abitanti, e con altre lire 300 di rimborso “ricchezza mobile” e l’abitazione. Nella seduta consiliare dell’11 aprile 1891 fu nominato medico condotto per la durata di cinque anni. Il Corvaglia lasciò a Ruffano uno strascico di polemiche con quell’amministrazione comunale, presso cui aveva accettato l’incarico della condotta medica: egli prese, senza autorizzazione preventiva, un mese di tempo per traslocare, nottetempo, a Tuglie e poi dimettersi. L’amministrazione di Ruffano gli contestò un tale incomprensibile comportamento e gli comminò un provvedimento sanzionatorio. Il 23 maggio 1891, a seguito delle dimissioni del dr. Luigi Vergine, lo stesso medico condotto fu incaricato di espletare le funzioni di ufficiale sanitario per tre anni e con lo stipendio di lire 500. Il Consiglio comunale in data 2 dicembre 1895 lo riconfermò a vita nella carica di medico condotto.

   A Tuglie il Corvaglia opererà con coscienza e professionalità sino a quando l’elenco degli assistiti non sarà, a suo giudizio, esorbitante, i compensi inadeguati e l’amministrazione piuttosto sorda a voler istituire una seconda condotta medica. 

   Qualche anno più tardi, costruitasi una più accogliente abitazione fuori dall’abitato cittadino (sulla strada di Parabita), egli sarà invitato dall’amministrazione tugliese a trasferirsi nel centro del paese, onde assicurare maggiore tempestività di soccorso ed intervento sanitario.

   Nell’aprile del 1900 il dr. Corvaglia, per effetto dell’accresciuta popolazione tugliese, si vide riconosciuta l’istanza di un adeguamento dello stipendio pari a complessive lire 3.500, di cui 1.550 per servizio a favore dei poveri e 1.950 per il resto degli abitanti del paese. Incisero per questa gratificazione l’asperità topografica del luogo e la conseguente necessità di un cavallo per gli spostamenti da un assistito all’altro.

   Il 4 novembre 1901, essendo scaduto l’incarico, il dr. Corvaglia fu proposto al Prefetto della provincia per la nomina ad ufficiale sanitario del comune, in tale ruolo egli s’impegnò nell’indicare agli amministratori alcune priorità: far eseguire lavori di manutenzione di canali urbani e rurali, far pavimentare con lastre di pietra di Cursi il tratto coperto del ponte presso San Vito, spingere sulla riluttante amministrazione ad aderire alle spese della costituzione del Consorzio Provinciale Antifillosserico, far eseguire lo scavo e l’attivazione di pozzi comunali di acqua sorgiva per le necessità della popolazione, specialmente nel periodo estivo.

   Alla fine del 1903, egli però cominciò col ricordare agli amministratori (sindaco Raffaele Mosco) che l’elenco dei poveri era divenuto troppo lungo, che il contratto per il servizio sanitario era stato concluso circa un decennio addietro, che lo stipendio andava adeguato. L’amministrazione recepì le istanze, ma non aveva i fondi né per gli aumenti richiesti né per l’istituzione di una seconda condotta medica.

   Nel corso dell’anno 1904 il dr. Corvaglia tentò di recuperare dal Comune crediti professionali non riscossi per due semestri. Nel maggio di quell’anno il Consiglio comunale si occupò del problema, ma per esiguità di fondi, rimandò tutto alle calende greche. Il dr. Corvaglia, diranno accuse fatte qualche anno dopo in aula consiliare, cominciò col diversificare il proprio servizio privilegiando utenti piuttosto benestanti e trascurando i “troppi” poveri che chiedevano, invano, il suo intervento.

Il 30 gennaio 1904, nasceva in Via Plebiscito n.12 una “farmacia del popolo”, che dispensava medicinali ai poveri, ma anche … elemosine! Un’inchiesta amministrativa, affidata al Commissario Laviccia, dottore in legge, pur disponendo di documenti ed informazioni importanti, confuse cifre e dati non sempre aggiornati, elemosine con medicinali, bollette di carico con quelle di scarico. L’inchiesta, molto discussa nell’aula consiliare, alla fine concluse (erroneamente) che i direttori della farmacia, il dr. Angelo Chimienti e il dr. Carlo Mazzarella, avevano avuto rapporti commerciali con i “mandatari” di una costituenda Cooperativa, Raffaele Mosco, Giacomo Palmisani, Ambrogio Piccioli, Raffaele Stamerra, consiglieri comunali, i quali, secondo il Laviccia, erano i veri proprietari della “farmacia del popolo”. Per cui, la nuova farmacia fu subito additata come soggetto che aveva percepito guadagni illeciti da una gestione poco rigorosa. Inoltre, il Commissario Laviccia ebbe la pretesa d’individuare l’incompatibilità di 15 consiglieri che indirettamente avevano preso parte all’operazione. I consiglieri “indiziati”, con prove documentali esibite in aula, smontarono l’intera vicenda ed il Consiglio respinse per acclamazione le accuse concretate dal Commissario Laviccia. Così pure il Consiglio, nella stessa seduta, respinse come infondato il ricorso presentato dal concittadino Fedele Rizzo per dichiarare decaduti quei consiglieri che, a suo avviso, avevano partecipato agli utili derivanti dalla vendita di medicinali ai poveri da parte della “farmacia del popolo”.

   Nel marzo 1904, a seguito di concorso, venne nominata la nuova levatrice condotta per i poveri: tra Ernesta Guerra, residente a Tuglie, e Giuseppina Trombetti, domiciliata a Bologna, l’amministrazione nominò la seconda per il periodo dal 1° aprile a tutto il 31 marzo 1906 da compensare con lo stipendio annuo di lire 400.

   Nell’ottobre del 1904, sindaco Raffaele Mosco, il Consiglio espresse parere negativo alla sottoprefettura di Gallipoli circa la possibilità d’istituire in Tuglie una nuova farmacia, ritenuta assolutamente non necessaria e non utile …anzi … riuscirebbe senza dubbio lesiva degli interessi del pubblico principalmente perché con molta probabilità si addiverrebbe ad una concorrenza a base di prezzi modici ed in conseguenza di medicinali poco buoni e non garantiti….

   Nel marzo del 1905 il Consiglio, per non urtare le abitudini abbastanza inveterate di una popolazione non disposta a pagare sotto forma di tassa il servizio sanitario…e per non suscitare malcontento e turbare l’ordine pubblico nel paese…, mantenne il servizio di condotta medica esteso alla generalità degli abitanti.

   Con decreto del 24 giugno 1905, il medico condotto dr. Corvaglia venne sospeso, per la seconda volta, dal servizio per giorni trenta. La prima volta era stato sospeso per soli giorni cinque: i suoi rapporti con l’Amministrazione erano da tempo tesi ed egli ricorse in contenzioso alla Giunta Provinciale Amministrativa. Il sindaco fu autorizzato ad opporvisi.

   Durante i mesi di gennaio, febbraio e marzo 1907, un’epidemia influenzale, scoppiata in paese, costrinse a letto la maggior parte della popolazione e persino il dr. Corvaglia che fu sostituito dal dr. Adolfo Muscetra di Alezio per un compenso giornaliero di lire 30. Dal 18 agosto 1907 al 15 settembre 1907 il medico condotto fu di nuovo sostituito per licenza dal dr. Raffaele Mosco. Ciò confermò quello che nell’aula consiliare veniva rimarcato come servizio molto oneroso che in pratica non soddisfaceva i bisogni della popolazione, costringendo spesso gli amministratori e gli assistiti a vedersi negare una visita domiciliare. Il Consiglio comunale, considerando che la nomina di un altro medico condotto avrebbe migliorato, con minore spesa, il servizio medico del Comune, nella seduta del 30 ottobre 1907 deliberò l’istituzione di una seconda condotta medica a cominciare dall’anno seguente. Perciò fu dato incarico alla Giunta di regolare il servizio dividendo il paese in due zone ed assegnando per questa seconda condotta medica uno stipendio uguale a quello del dr. Corvaglia. Ed infatti, nel dicembre del 1907, l’Amministrazione istituì, a partire dal 1° gennaio del 1908, una seconda condotta medica, che, però divenne effettiva solo dal 1909, dopo che il dr. Corvaglia aveva lamentato essere l’unico medico pei poveri in un paese di oltre 4500 abitanti, nel quale i poveri sono i quattro quinti della popolazione…: con uno stipendio annuo di lire 2.066, e per un triennio, Raffaele Mosco fu nominato secondo medico condotto del Comune. Ma il Prefetto di Lecce con decreto del 14 febbraio 1908 annullò la deliberazione di nomina del dr. Raffaele Mosco restituendo l’atto al sindaco di Tuglie per l’esecuzione. Ancora il 18 giugno 1909 il Consiglio, a seguito delle ripetute istanze del dr. Corvaglia, respinse la proposta per l’istituzione o meno della seconda condotta medica per i poveri. In seguito al reclamo presentato dallo stesso dr. Corvaglia, il Consiglio Provinciale Sanitario manifestò nuovo parere sulla necessità d’istituire una seconda condotta medica nel Comune di Tuglie e la Giunta Provinciale Amministrativa ordinò che il Consiglio comunale desse il suo parere in merito alla questione. Il Consiglio dopo ampia discussione dette parere favorevole all’istituzione della seconda condotta medica scatenando la reazione del consigliere Francesco Romano che, col suo intervento, volle motivare il voto contrario al dr. Corvaglia (vedi nota 29 che riporta quanto dallo stesso dichiarato in verbale). Nel dicembre del 1912, su nota del sottoprefetto di Gallipoli riguardante il servizio medico di questo Comune, il consiglio deliberò la soppressione del posto di secondo medico condotto non potendo far fronte alla relativa spesa. Ma il tenace dr. Corvaglia ritornò alla carica nel 1916, in piena guerra mondiale, facendo di nuovo istanza al Prefetto per l’istituzione di una seconda condotta medica per i poveri, 700 famiglie circa, che fruivano della gratuità del servizio sanitario. La giunta del sindaco Francesco Mosco venne autorizzata a reperire i fondi nel bilancio del 1917, onde soddisfare la richiesta: ma disastri ben maggiori renderanno vana la delibera.

   Il 20 agosto 1918 il dr. Corvaglia fu sostituito per malattia dal dr. Raffaele Mosco che nell’anno successivo si dimetterà dal servizio per ragioni di salute. Nel 1923 il dr. Corvaglia per sopravvenuta malattia, dovette chiedere un lungo periodo di aspettativa che gli fu accordata per tutto l’anno. Nel maggio del 1924, il sindaco Oreste Primiceri, per effetto delle dimissioni presentate dal dr. Corvaglia in data 30 dicembre 1923, decise di provvedere alla sistemazione della condotta medica. Così fu pubblicato l’avviso di concorso per la nomina dell’unico medico condotto per l’assistenza ai poveri. Al concorso si presentarono i dottori Vincenzo Caggia e Giovanni Saccomanno. Il Consiglio comunale, in esito alla graduatoria stabilita dalla Commissione Giudicatrice, nella seduta del 22 maggio 1924 nominò medico condotto il dr. Vincenzo Caggia, che prestava servizio interno dal 27 maggio 1922, con lo stipendio annuo di lire 5.000.

   Il servizio di ostetricia non preoccupava meno gli amministratori, che volevano approntare un idoneo servizio di levatrici patentate, mal sopportando, essendone a conoscenza, le tante “praticone” che abusivamente assistevano le povere donne con grave pericolo per la loro vita e per quella dei nascituri. 

   Per supplenza della levatrice condotta signora Trombetti, durante la licenza, fu chiamata a prestare servizio, nel maggio 1909, la levatrice Coltura De Blasi da Parabita, col compenso giornaliero di lire 15. Nel giugno del 1909, la stessa signora Trombetti, non avendo dato motivo a richiamo, tanto per l’opera quanto per la moralità, venne nominata “levatrice condotta” a vita.

   A partire dal 1908 l’Amministrazione di Tuglie avvertì la necessità d’istituire un efficiente servizio veterinario. Non disponendo di adeguate somme in bilancio, il Consiglio, nella seduta del 14 maggio 1910, deliberò di entrare nel Consorzio costituito tra i Comuni di Parabita e Matino.

   Per l’epidemia di colera che nel 1910 investì l’intera provincia di Lecce e naturalmente anche Tuglie, risultarono spese per soli disinfettanti lire 178,90.

   Il 2 maggio del 1891, con il presidente Salvatore Imperiale, sacerdote, venne ricostituita la Congregazione di Carità, al fine di provvedere ad opere di pubblica beneficenza.

   Per evitare il deplorevole sistema di macellare gli animali in pubblico, dal mese di luglio 1892 la macellazione delle carni destinate alla vendita si eseguiva nel locale ubicato in Via Giardini, in un luogo poco frequentato. Essendo provvisto di acqua, si adattava bene all’uso di macello pubblico provvisorio. Alla proprietaria, signora Cosima Stamerra, il Comune corrispondeva il canone di affitto annuo di lire 34.

   L’approvvigionamento idrico, per uso potabile e domestico in genere, costituiva a quel tempo un problema di vitale importanza per la maggior parte della popolazione, specialmente nella stagione estiva. Per sopperire alla carenza di acqua, l’Amministrazione comunale metteva a disposizione dei cittadini i pozzi comunali, essendo le falde acquifere facilmente raggiungibili, e le cisterne, dove venivano raccolte le acque piovane per l’uso pubblico. Di solito, le cisterne e i pozzi venivano puliti dai cavamonti prima delle piogge e prima dell’estate. 

   Nel 1891 il Comune acquistò dalla signora Domenica Rocca una zona di suolo per allargare una strada. Il Consiglio comunale, nella seduta del 27 luglio, chiese alla signora Rocca di “lasciare” anche un pozzo ricco di acqua per essere adibito all’uso pubblico; gli abitanti della zona non avevano acqua per gli usi domestici e si lamentavano continuamente con l’Amministrazione.

   Il 12 novembre 1901, Geremia Mosco presentò un esposto perché l’Amministrazione gli aveva proibito l’esercizio di presa d’acqua dalla cisterna di proprietà comunale situata nel cortile della scuola femminile in Via Passaturi (oggi Corte Loreto). Poiché la cisterna era in parte scavata nel sottosuolo della sua casa, il Mosco reclamava il diritto di attingere l’acqua dalla detta cisterna. L’Amministrazione però, non intendeva rinunciare ai suoi diritti pur trovandosi la cisterna scavata in parte oltre il confine della proprietà comunale, essendo tale fatto antichissimo. L’increscioso episodio si concluse quando fu riconosciuto al Comune il legale possesso della cisterna nello stato in cui si trovava, per cui il Mosco cessò di vantare diritti sull’esercizio di presa d’acqua dalla stessa. 

   Un’ampia cisterna si trovava in Piazza a servizio del pubblico ed il suo spiazzo era molto frequentato, specialmente nelle calde serate estive. Nella Piazza c’era il mercato e quindi il rifornimento dell’acqua era assicurato per l’igiene, la pulizia, le necessità di casa e per soddisfare la sete. Nel mese di giugno del 1908, a causa della siccità, l’acqua incominciò a mancare. Non pioveva da parecchi mesi e la maggior parte della popolazione non sapeva come fare per procurarsi quel minimo indispensabile di acqua per gli usi domestici. L’Amministrazione, sollecitata da più parti, rimediò facendo pulire tre pozzi comunali abbandonati da molti anni e perciò pieni di macerie. Alla fine del mese di dicembre del 1908 l’ufficiale sanitario fece chiudere con due catenacci (acquistati dal negozio di Salvatore Merenda) il pozzo di San Giuseppe (che si trovava nella piazzetta omonima) perché l’acqua non era potabile. Il 30 settembre 1910 furono pagate al cavamonti Salvatore Pastore lire 28,40 per la pulizia del pozzo pubblico esistente in largo Fiera. Così pure al cavamonti Santo Mosco, nell’agosto del 1912, furono pagate lire 20,00 per la pulizia del pozzo comunale vicino alla casa di Damiano Rocca. Nell’inverno del 1913 l’impresa di Oreste Primiceri, per lire 93,88, dovette riparare la cisterna delle scuole e pulire il pozzo collocato nell’atrio delle stesse. Inderogabili misure igieniche richiedevano questi interventi con la massima cura ed urgenza. Anche nel luglio del 1914 furono chiamati i cavamonti per pulire due pozzi comunali che non davano più acqua agli abitanti della zona, i quali reclamavano al Municipio perché avevano bambini e malati in casa. 

   Nel 1935, con l’Acquedotto Pugliese, anche a Tuglie arrivò l’acqua del Sele. Le cisterne pubbliche e i pozzi comunali furono sostituiti dalle fontanine dell’acquedotto. Nella primavera di quell’anno i pozzi adibiti all’uso pubblico vennero chiusi definitivamente. La stessa sorte toccò al vecchio pozzo posto al largo della Chiesa di San Giuseppe.

   Nell’aprile del 1893 il sindaco Ria Giuseppe propose di prevedere in bilancio la spesa di lire 50 per “provvista di ghiaccio”. Egli riteneva che senza l’erogazione di un sussidio, la vendita della neve in paese non sarebbe stata continua per tutta la stagione estiva. Il ghiaccio non poteva mancare soprattutto per i malati e poi bisognava far pagare ai poveri un prezzo non troppo caro. Così fu stabilito di corrispondere un sussidio di lire 50 a colui che avrebbe venduto la neve dal 1° giugno a tutto il 31 ottobre al prezzo corrente in Alezio. Nell’estate del 1900, il rivenditore Mariano Giannini richiese un maggior compenso di lire 15 per vendere il ghiaccio oltre il termine stabilito (31 ottobre) e nel 1906, a seguito di domanda presentata dal commerciante Vito Casto da Parabita, fu autorizzata la vendita della neve in tutte le stagioni dell’anno. Nel 1909 venne occupato un locale di proprietà del sig. Giuseppe Calò per il deposito della neve durante la stagione estiva.

   Nell’anno 1896 venne stanziata in bilancio la somma di lire 500 per la costruzione dell’ossario al cimitero. Secondo la progettazione dell’ingegnere Astuti, lo scavo doveva essere del volume di metri cubi 85,55. Nel 1897 il Consiglio comunale deliberò di pagare al muratore Salvatore Saccomanno lire 136,85 per il taglio della roccia indispensabile per la costruzione dell’ossario e della cappella del Cimitero. All’epoca il Cimitero di Tuglie non aveva ossario e stava per scadere il decennio per il seppellimento dei cadaveri. Per i lavori di scavo nel 1902 furono pagate lire 112,68 ai muratori Damiano Rubino, Saccomanno e Miggiano. Eseguito lo scavo, si dovette procedere alla costruzione della volta e del corrispondente lastricato battuto con tegole. I lavori furono eseguiti in economia con una spesa di lire 140.

   Nel 1899 esisteva un accordo tra l’Amministrazione comunale ed il beccaio Giuseppe Crusi: dietro il pagamento di un sussidio di lire 50 l’anno, questi doveva tenere il suo spaccio sempre fornito di carne, specialmente di vitello, per il consumo locale e soprattutto per i malati che potevano così avere la carne in paese. Quel sussidio serviva per incoraggiare i macellai a fornire la carne ai cittadini la maggior parte dei giorni della settimana.

   Per la vendita del pesce fresco venivano usati tre banchi pubblici di marmo costruiti nel 1899 sul piazzale della cisterna a servizio del pubblico, in piazza, al lato nord. In quell’anno furono anche costruiti tre orinatoi pubblici dislocati nei luoghi principali del paese. Uno fu collocato a ridosso del vecchio Calvario, ma dopo qualche tempo l’Amministrazione lo spostò nelle vicinanze dei banchi per la vendita del pesce.

   Nel mese di giugno del 1911 si dovettero prendere urgenti misure preventive contro le malattie epidemiche e contagiose. Fra l’altro, furono pagate lire 40,63 alla ditta Carlo Erba per l’acquisto di acido fenico e lire 29,00 alla ditta Paganini e Villani per cloruro di sodio. Inoltre si dovettero pagare lire 23,35 al Direttore dell’Istituto Antirabbico di Bologna per eseguire la perizia della testa di un cane ritenuto rabbioso e lire 40,05 a Giuseppe Romano incaricato della custodia ed abbattimento di alcuni cani sospettati di avere la rabbia.

   L’esiguità dei fondi comunali a disposizione e l’urgenza di assicurare un’istruzione alle classi meno abbienti e con minori opportunità di benessere sociale costituirono stimolo continuo per i sindaci e le loro compagini consiliari, allorché si trattò di assicurare locali idonei, maestri e direttori didattici per le prime classi miste di bambini da scolarizzare, con un orario di due sole ore antimeridiane e altre due nel pomeriggio, onde tenere i bambini sotto il controllo delle famiglie o, più verosimilmente , per non sottrarre alle stesse famiglie braccia per i campi o per l’attività della pastorizia.

   Maddalena Anelli fu una delle prime insegnanti elementari a prestare servizio presso le scuole di Tuglie. S’insediò il 27 aprile 1874 e risultava in servizio attivo ancora nel 1910, se, per effetto della ricostruzione economica, la Giunta comunale le assegnò arretrati per lire 432 (per una differenza retributiva di lire 72 annue, dal 1905 a tutto il 1910).

   Il maestro della scuola serale era il sig. Luigi Francavilla, con lo stipendio di lire cinquanta. Nel 1890 lo stipendio gli venne aumentato per il concorso di giovani che frequentavano la suddetta scuola. Luigi Francavilla il 9 aprile 1892 fu nominato maestro a vita. 

   Nel dicembre del 1907 furono pagate al commerciante Raffaele Stamerra di Cesario lire 54,24 per il petrolio fornito alle scuole serali (l’illuminazione delle scuole avveniva con i lumi a petrolio).

   Da un atto deliberativo del 1912 apprendiamo della presenza in paese di due scuole serali, affidate ai maestri Saverio Vaglio e Oreste Primiceri, per la fornitura di 84 litri di petrolio per l’illuminazione, di 500 quaderni di diverse rigature (lire 4,50 ciascuno); per 60 sillabari; per 21 libri della seconda classe.

   Nel gennaio del 1896, con un assegno di lire 60 (per spese d’ufficio) ed un congruo stipendio, si affidò al maestro Alfredo Mosco la direzione delle scuole esistenti sul territorio di Tuglie ed il 15 novembre successivo si approvò definitivamente il progetto dell’ingegnere Francesco Nicola De Pace per la costruzione della casa comunale e delle scuole, dell’importo di lire 20.000, da finanziarsi con le economie sui bilanci del 1895, 1896 e 1897. Ma, soprattutto, il Consiglio comunale, definendo i locali delle scuole esistenti assolutamente antigienici, deliberò di accollarsi un mutuo con la Cassa Depositi e Prestiti e nel contempo di chiedere al Governo centrale un apposito sussidio per la costruzione dell’edificio scolastico.

   Alla fine del mese di maggio del 1899, di fronte all’impossibilità di esecuzione del progetto per un plesso scolastico nuovo, l’amministrazione comunale approvò il progetto del perito Rocco Serino, che suggeriva la costruzione di nuovi locali, rimuovendo il Calvario ed adattando altri vani per la spesa complessiva di lire 2.241,98.

   Pertanto, il Consiglio comunale, nel maggio del 1899, deliberò di costruire ex novo il piano superiore al locale della Casa comunale, ampliando adeguatamente il piano terreno, rimuovendo il Calvario, che doveva essere ubicato nel Largo Croce.

   Interessante dal punto di vista storico-culturale sottolineare come inscindibilmente alla Casa comunale si leghi il destino del vecchio e del nuovo Calvario. Quello vecchio, costruito da Franco Ria, su suolo comunale, venne rimosso per fare posto alla costruzione del nuovo municipio. Il nuovo Calvario riportava un’epigrafe, autorizzata dall’Amministrazione, in ricordo di Giuseppe Ria, figlio del vecchio committente. Gli eredi erano obbligati al legato dell’accensione perpetua della lampada ed alla manutenzione d’una ringhiera in ferro. La somma di lire 350, per la ringhiera e la pitturazione di cinque quadri, simili a quelli esistenti, venne opportunamente adeguata. “Pitture al Calvario” era il titolo della delibera del 1 novembre 1900, in base alla quale sei quadri dovevano essere ridipinti da Luigi Stasi con la somma di lire 300, a fronte di un preventivo di lire 200 ed una richiesta dell’artista di 350.

   Nel novembre del 1901, Giuseppe Grassi fu nominato “soprintendente scolastico”, con il compito di coordinatore dell’attività scolastica e controllore dei colleghi maestri nell’adempimento del proprio dovere.

   Il Decreto Reale del 2 febbraio 1902 istituì la “festa degli alberi”, che doveva celebrarsi in tutti i Comuni del Regno: a Tuglie si decise, coinvolgendo massicciamente i contesti scolastici, di farlo ogni quarta domenica di ottobre, effettuando la messa a dimora degli alberelli nel largo Fiera, lungo il viale esterno del Cimitero.

   L’importanza dell’istruzione tra le classi popolari fu rimarcata, oltre che dal numero delle classi aperte ai bambini in età scolare, anche dall’apertura di due scuole serali, chieste a gran voce dai capi famiglia, nelle quali si misurava l’attività professionale dei maestri Luigi Francavilla e Saverio Vaglio. Ma nell’aprile del 1904, per il gran concorso di giovani che richiesero di essere iscritti, venne aperta una terza sezione di scuola serale, affidata, con lo stipendio di lire 70 a Giuseppe Saccomanno di Cosimo.

   Nel novembre del 1904 il regio Ispettore Scolastico, si complimentò col sindaco Raffaele Mosco per l’assetto dato alla scuola promiscua superiore (del secondo ciclo); nello stesso tempo lo invitò a prestare maggiore accortezza nel garantire il funzionamento delle classi di grado inferiore (i primi due anni di scuola elementare). A tale scopo, l’amministrazione, su sollecitazione del Prefetto e del Presidente del Consiglio Provinciale Scolastico, per istituire un idoneo sevizio per le affollate classi di 2^ e 3^ maschile e femminile, rimarcò la mancanza di banchi e la ristrettezza dei locali; quindi suggerì come unica possibile soluzione lo sdoppiamento delle stesse, affidandole, in orari diversi, agli stessi insegnanti. 

   Nella stessa delibera si faceva notare quanto fosse difficile sopportare enormi sacrifici per l’istituzione, dal momento che la voce per la spesa scolastica ammontava a lire 5.803,87 su un totale di bilancio di lire 23.672,15.

   Nel 1906 il Consiglio comunale recepì l’istanza di numerose firme di padri di famiglia tendenti all’apertura delle scuole serali, sintomo della bontà d’un servizio sociale imprescindibile e il 23 aprile di quell’anno furono nominati quali maestri delle scuole serali, con lo stipendio di lire 100 ciascuno, Saverio Vaglio e Oreste Primiceri.

   Nel gennaio del 1908 il Comune, essendo stata sospesa l’istituzione delle classi quinta e sesta elementare, a condizione della istituzione di una promiscua inferiore con apposito insegnante, autorizzò lo sdoppiamento della classe prima maschile e femminile e istituì una nuova scuola promiscua, affidata ad altra insegnante; autorizzò lo sdoppiamento delle seconde maschili e femminili, affidandole ai maestri Arturo Sartori e Bianca Leo; la separazione della terza e l’affidamento ad una classe quarta promiscua; l’insegnante di quarta restò incaricata dell’insegnamento di lavori domestici.

   Del 1908 è la notizia secondo la quale, alle otto scuole presenti sul territorio erano stati forniti venti scanni nuovi (per lire 13 l’uno), stampe del tipografo Gaetano Stefanelli per lire 123; altre stampe del tipografo Donato Siena per lire 55,70; due barili d’inchiostro per le scuole, forniti dalle Società Riunite del Nord di Bologna, quanto bastava per far accapponare la pelle agli studenti svogliati e poco desiderosi di applicazione scolastica. 

   Una fornitura di 167 calamai per le scuole dell’anno scolastico 1908-1909, oltre che stampe, registri, certificati ed altro genere di materiale ad opera del tipografo Gaetano Stefanelli forniscono l’idea della sparuta popolazione scolastica del tempo.

Nel 1910 furono pagate spese per oggetti acquistati per le scuole, otto classi in tutto, in occasione degli esami di fine anno. 

   Nell’aprile del 1911 il Consiglio comunale si occupò dell’approvazione del progetto dell’edificio scolastico, redatto dall’ing. Francesco Barba in base agli elaborati-tipo inviati dal Ministero della Pubblica Istruzione e ne approvò la costruzione con una spesa preventivata di lire 129.120,00 (lire 2.500,00 di compenso onorario per il tecnico).

   Otto mesi dopo, il sindaco Ambrogio Piccioli, in aula consiliare, chiese al suddetto Ministero il concorso dello Stato sino a un terzo dell’importo della spesa. Per la differenza, fu deliberata l’assunzione di un mutuo con la Cassa Depositi e Prestiti al fine di finanziare per intero la costruzione di un idoneo edificio scolastico.

   Nel novembre del 1913, sulla base del Censimento Ufficiale del 1911 che registrò a Tuglie 4.733 abitanti, scattò l’obbligatorietà dell’istituzione del corso popolare. Gli amministratori istituirono in paese la sesta classe promiscua e si fecero carico della maggiore spesa per l’insegnamento di lavori femminili impartiti dalla maestra Maria Perruccio. Il maestro Arturo Sartori fu nominato a insegnante della quinta e sesta classe mista.

   L’apertura delle scuole, come pure l’inaugurazione della Fiera in occasione della Festa dell’Annunziata e le pubbliche vaccinazioni, venivano annunciate dal banditore pubblico che andava in giro per il paese comunicando ad alta voce le notizie. Nel luglio del 1913 furono pagate al banditore Salvatore Longo lire 3,50 per comunicazioni importanti alla cittadinanza. 

   Nell’anno 1913 l’Amministrazione iniziò la pratica per la costruzione dell’edificio scolastico, espropriando per pubblica utilità, una zona di suolo di proprietà del Duca Gaetano Venturi in contrada Villa o Passaturi. Per tale espropriazione, in seguito a perizia giudiziaria, furono liquidate le indennità di £. 2.411,90. Il sottoprefetto di Gallipoli con decreto del 21 marzo 1915 ne ordinò il pagamento. Il Comune, dopo aver pagato le indennità, si immise nel possesso del fondo espropriato ed il 13 febbraio 1917 lo consegnò all’appaltatore per iniziare i lavori di costruzione dell’edificio scolastico che dovevano essere ultimati il 12 febbraio 1919. Da quell’epoca, per molteplici vicende ed a causa della guerra, l’edificio non fu costruito, né iniziato. Essendo da tempo decorsi i termini per il completamento dell’opera, il Duca Venturi, con atto del 19 febbraio 1921, citò l’Amministrazione comunale nella persona del sindaco Giuseppe Chetta, a comparire davanti al Tribunale di Lecce per ottenere la restituzione del suolo espropriato pagando un prezzo non superiore alle indennità riscosse. L’edificio, fra l’altro, non poté essere costruito per i vari giudizi intentati contro il Comune dall’appaltatore ing. Antonio Cafiero da Brindisi che ottenne dal Tribunale di Lecce una sentenza a lui favorevole: condannò il Comune a pagare i danni e le spese di giudizio di cifra rilevante. L’Amministrazione, dopo vari tentativi per giungere ad un accordo bonario, finalmente riuscì a risolvere la vertenza ed il 16 ottobre 1923 il Consiglio comunale approvò il bonario componimento concluso con l’appaltatore per la mancata esecuzione dei lavori dell’edificio scolastico. L’ing. Cafiero rinunziava al giudizio, ai danni liquidati in suo favore ed alla compensazione delle spese, però doveva provvedere all’aggiornamento del progetto principale per chiedere alla Cassa Depositi e Prestiti un mutuo suppletivo e doveva essere nominato direttore dei lavori nel momento in cui il progetto avrebbe avuto regolare esecuzione. Il 2 agosto 1924 il Consiglio comunale, presieduto dal sindaco Oreste Primiceri, approvò la convenzione per la transazione della lite con l’ing. Cafiero ed il successivo 27 settembre approvò la stima dei prezzi del progetto aggiornato nel complessivo ammontare di £. 1.000.000, riservandosi di provvedere alla richiesta di un mutuo suppletivo alla Cassa Depositi e Prestiti per la maggiore spesa di £. 870.880 (in confronto al progetto dell’ing. Francesco Barba redatto nel 1911 per un importo di £. 129.120). 

   Ritornando alla vertenza iniziata nel 1921 dal Duca Venturi per l’espropriazione del suolo su cui doveva sorgere l’edificio scolastico, non essendosi avuta la bonaria esecuzione più volte promossa, questi, con atto del 28 febbraio 1924, citò il sindaco Oreste Primiceri a comparire davanti al Tribunale di Lecce per vedersi condannare alla restituzione del suolo espropriato ed al pagamento dei danni e spese di giudizio. Era stato nominato difensore del Comune l’avv. Antonio Adamucci di Lecce, il quale tentò ripetutamente di accordarsi con l’avv. Luigi Guerrieri, cognato del Duca Venturi, per risolvere la vertenza amichevolmente. Dopo varie discussioni ed udienze, nei primi giorni del mese di giugno 1927 il Tribunale di Lecce emise la sentenza a favore del Duca Venturi, condannando il Comune a restituire la zona di suolo espropriato per decadenza della dichiarazione di pubblica utilità ed a pagare le spese di giudizio con compenso di avvocato per complessive £. 1.688,10. Il Duca Venturi doveva pagare al Comune la somma di £. 2.411,90 per restituzione delle indennità di espropriazione incassate. A questo punto, l’Amministrazione si dette da fare per addivenire ad un accordo entro breve tempo. Ma soltanto il 13 giugno 1929 l’avv. Guerrieri comunicò ad Oreste Primiceri, nel frattempo nominato Podestà di Tuglie, il fermo proposito del Duca Venturi di addivenire ad un bonario componimento al più presto.

   Nel febbraio del 1914 l’amministrazione comunale sentì il dovere di soprassedere all’esproprio di un vecchio immobile per l’edificio scolastico, di proprietà di Geremia Mosco, ottuagenario e cieco, che aveva chiesto, senza contestare la proposta e l’indennità di esproprio, la … grazia di essere lasciato per i brevi giorni che gli restano all’unica familiarità dei luoghi e delle cose (la casa) che gli hanno reso sinora meno insopportabile la vita e alla perdita della quale (casa) difficilmente potrebbe sopravvivere….

   Il Consiglio, in aula, ritenne giusta l’istanza del Mosco per ragioni di umanità e considerò oltre tutto che l’educazione dei bambini non era affatto ritardata, tanto meno compromessa: l’edificio, infatti, aveva bisogno dell’esproprio soltanto per motivazioni di carattere prospettico e dunque si poteva risparmiare la demolizione della vecchia abitazione del cieco.

   Il 20 dicembre 1924 il Consiglio comunale introdusse nelle scuole elementari l’insegnamento della musica. Per effetto del nuovo regolamento sull’istruzione pubblica, venne determinata in lire 1.000 la spesa per l’insegnamento della musica ai bambini affidando tale incarico a due insegnanti con l’annuo assegno di lire 500 ciascuna. 

   Il 28 aprile 1934 Raffaele Stamerra finanziò i lavori di costruzione della Cappella delle Suore di S. Anna. Con la Cappella venne costruito anche il convento e l’asilo infantile. Tommaso Stamerra, fratello di Raffaele, aveva già donato alle Suore di S. Anna la casa ed altri appezzamenti di terreno sulla cui superficie vennero costruite la Cappella e le altre opere dell’Istituto Stamerra, così chiamato in nome dei benefattori. Nello stesso anno vennero approvate le norme convenzionali per il passaggio dell’asilo infantile all’Ordine Religioso delle Figlie di S. Anna. Nell’Istituto, affidato alle Suore, dovevano essere ammessi gratuitamente i bambini da 3 a 6 anni di ambo i sessi, riconosciuti poveri. Fra questi erano presenti i figli dei mutilati ed invalidi di guerra ed i bambini appartenenti a famiglie numerose. Il Comune corrispondeva all’Ordine Religioso un contributo annuo di £. 3.000. Le Suore di S. Anna, dopo 64 anni di silenziosa attività educativa a favore dei bambini tugliesi, con la cerimonia di commiato celebrata nella Chiesa Madre la sera dell’8 gennaio 1999, alla presenza del Vescovo e di numerose Autorità, dovettero lasciare Tuglie con grande dispiacere per i cittadini tugliesi. 

   Come abbiamo visto, la mancanza di un idoneo edificio scolastico assillò per molti decenni gli Amministratori del Comune di Tuglie. Le aule erano sparse in locali di fortuna, non sempre idonei dal punto di vista igienico. Il freddo e l’umido rendevano difficile l’insegnamento ai bambini. Nel corso degli anni erano stati compilati e presentati per l’approvazione diversi progetti. Erano state fatte numerose proposte per il luogo dove doveva sorgere l’edificio scolastico, ma per vari motivi, alla fine non si concludeva nulla, anzi si andava incontro a lunghe vertenze giudiziarie. 

   Dopo la guerra, le scuole furono sistemate provvisoriamente nei locali della ex Casa del fascio, in Largo Fiera. Finalmente, con l’Amministrazione del sindaco dott. Cesare Vergine, il Comune di Tuglie ebbe il suo edificio scolastico, verso la collina, con ingresso dalla Via Pasubio e dalla Via Genova. Costruito su un’area di 8000 metri quadrati, comprendeva due edifici e un moderno refettorio. Disponeva di venti aule, servizi igienici moderni e tanto spazio per i bambini. Poteva accogliere 600 alunni e 23 insegnanti. L’importante complesso scolastico, intitolato a “Cesare Battisti”, venne inaugurato il 18 marzo 1965. Alla cerimonia erano presenti: il provveditore agli studi di Lecce, la direttrice didattica del circolo di Alezio, signora Luigia Frattini D’Ottavi, l’ispettore scolastico, prof. Luigi Formoso, il preside della scuola media prof. Luigi Tarricone, il sindaco Vergine ed il vescovo Rosario Mennonna. L’opera era costata 60 milioni ed altri 35 erano pronti per la costruzione di una moderna ed efficiente palestra, per l’arredamento e per la sistemazione del piazzale esterno. Il sindaco Vergine, nel suo discorso inaugurale, volle ricordare la figura del sindaco Ambrogio Piccioli che il 12 febbraio 1918, inaugurando i lavori di sistemazione della Piazza Garibaldi, primo passo verso la rinascita di Tuglie, confermò la necessità di costruire un edificio scolastico all’altezza della dignità della scuola. Per la realizzazione di quel sogno, doveva passare più di mezzo secolo. 

Tuglie Piazza del Mercato

   Il 2 e 3 agosto 1984, un nutrito programma di manifestazioni commemorative rievocò il centenario dell’istituzione dell’Ufficio postale di Tuglie, avvenuta il 1° marzo 1884 anche, a causa della difficoltà nel reperimento dei locali, l’effettivo funzionamento cominciò a decorrere dal successivo 1° aprile.

   All’Ufficio venne assegnato il bollo numerale a sbarre “3680” e regolarmente fornito quello nominativo a grande cerchio.

   Il servizio telegrafico venne attivato il 21 novembre 1890 con D.R. 29 settembre 1890.

   Nella circostanza il sindaco, Otello Petruzzi, tagliò il nastro di una interessante mostra filatelica dove furono esposte otto collezioni provenienti dal Salento ed alcune dal veronese.

   Su richiesta del Comune, l’Amministrazione Postale concesse l’apertura di un Ufficio Postale distaccato, munito di annullo speciale apposto su centinaia di cartoline appositamente predisposte. Il bozzetto dell’annullo speciale e della cartolina fu curato da Luigi Ruggero Cataldi che collaborò attivamente all’organizzazione della mostra filatelica.

   Ma, a grandi linee, raccontiamo gli avvenimenti che portarono all’apertura dell’essenziale servizio, tenuto conto che la Posta e il Telegrafo, dopo l’unificazione del Regno d’Italia, dipendevano dal Ministero dei Lavori Pubblici fino al 1889, quando venne istituito il Ministero delle Poste e Telegrafi che unificò tutti i mezzi di comunicazione.

   Tuglie fin dal 1° trimestre 1875 disponeva già di un Servizio rurale al quale era preposto un pedone. Questi, raccolti gli oggetti di corrispondenza (invero ben pochi poiché a scrivere, in quell’epoca, erano solo il Municipio e la Parrocchia) si dirigeva in biroccio (la corriera postale di allora) all’Ufficio Postale di Galatone, in attesa della diligenza, che percorreva il “cammino principale” Otranto-Gallipoli, cui si affidava il dispaccio per il successivo proseguimento su quest’ultima località che svolgeva la funzione di Ufficio di aggregazione. 

   Il 1° gennaio 1874, venne aperto l’Ufficio Postale di Parabita e, di conseguenza, i dispacci vennero fatti convergere sul più vicino sito.

   A Tuglie, forse per l’eccessivo costo, non fu possibile istituire una Collettoria, di cui, viceversa, furono dotati moltissimi centri di Terra d’Otranto. Prima del 1875 il servizio postale era a Gallipoli. 

   I servizi rurali riguardavano i piccoli Comuni privi di Ufficio Postale. Essi dovevano prelevare e recapitare la corrispondenza a quello più vicino. Vi prestavano servizio i portalettere rurali, incaricati di raccogliere e distribuire le corrispondenze nei piccoli centri abitati. Vi erano, poi, i pedoni rurali che scambiavano i dispacci tra gli Uffizi di posta e le Distribuzioni rurali. Sia i portalettere che i pedoni, pur essendo degli incaricati comunali, operavano alle dipendenze del titolare dell’Ufficio Postale di appartenenza.

   Le Collettorie Rurali dipendevano dagli Uffizi postali ed erano collocate nei Comuni e nelle borgate site lungo le linee ferroviarie o lungo i percorsi stradali dei corrieri o procacci e delle vetture pubbliche. Gli agenti del servizio delle Collettorie si chiamavano collettori quando distribuivano le corrispondenze alle persone che si recavano a ritirarle dalle Collettorie stesse. Quando il collettore recapitava la corrispondenza al domicilio dei destinatari, prendeva il nome di Portalettere collettore. 

   Le Collettorie vennero istituite con Decreto Legge 1° febbraio 1864 e dopo il 1908 eseguirono soltanto servizi di portalettere. La loro soppressione fu graduale fino al 1925.

   Al 31 agosto 1897, esistevano nella Provincia di Lecce 105 Uffici Postali e Telegrafici e 51 Collettorie, con o senza servizi telegrafici. 

   Tutte le Collettorie dal 1° ottobre 1952 assunsero la denominazione di Ricevitorie.

   A Tuglie, nel 1890, l’inserviente comunale Adamo Piscopo percepiva il salario di £.68 l’anno per quella mansione e di £.150 l’anno come portalettere. Successivamente il salario fu portato a £.1 giornaliere dovendo egli svolgere le funzioni di portalettere e fattorino telegrafico. 

   In quel periodo gli utili del telegrafo aumentavano sempre più, stante lo sviluppo del commercio. Perciò l’Amministrazione comunale ritenne giusto aumentare da £. 365 a £. 420 lo stipendio dell’Uffiziale telegrafico. 

   Nel 1892 il Consiglio comunale esonerò il Piscopo dall’incarico di inserviente riducendogli il salario di £. 68. Dopo qualche tempo gli fu ripristinato il salario in ragione di lire 365 annue, avendo egli assunto il doppio incarico di fattorino postale e telegrafico, oltre a quello di usciere del Comune. In pratica, doveva lavorare dal mattino fino alle sette di sera. 

   Nei primi mesi del 1897, diversi proprietari e negozianti chiesero al sindaco l’istituzione di un secondo servizio di procacciato tra Tuglie ed Alezio per ricevere i dispacci in arrivo alla stazione di Alezio con il treno “69”, alle ore 14,20, e quelli che giungevano da Gallipoli alla stessa ora: dispacci che giacevano ad Alezio fino alle ore 9 del giorno seguente. 

   In effetti, lo scambio dei dispacci risultava molto utile, come pure il servizio di carrozza presso la stazione ferroviaria di Alezio. Fra l’altro, il procaccia Salvatore Gualtieri, residente a Tuglie, si era dichiarato ben disposto ad assumere l’impegno dietro il pagamento giornaliero della somma di £. 0,75.

   In data 11 marzo 1897, il Consiglio comunale deliberò di assumere la spesa per il procaccia e di chiedere alla Direzione Provinciale P.T. di Lecce l’attivazione del nuovo servizio di procacciato, limitatamente alla durata di un anno, accollandosi la spesa di £. 293,75.  

   L’Ufficio Postale e Telegrafico di Tuglie, nel periodo dal 20 novembre 1900 al 30 gennaio 1901, fu retto, stante l’impossibilità del titolare, dal segretario comunale, Ludovico Scuro, e, per esso, dal fratello Ernesto. 

   All’epoca, i reggenti venivano retribuiti con £.3 giornaliere. Anche se il segretario Scuro non le richiedeva, l’Amministrazione comunale gli liquidò la somma di £. 182,50, corrispondente a £. 2,50 giornaliere per tutto il periodo di reggenza. 

   Il 21 ottobre 1901, per necessità di bilancio, fu soppresso il pagamento dell’affitto per i locali dell’Ufficio di £.150 annue; più che come affitto, quella somma veniva pagata come compenso al ricevitore postale e telegrafico. La soppressione della suddetta spesa fu proposta, in sede di approvazione del bilancio 1902, dal consigliere Raffaele Santese, potendo il Comune mettere a disposizione del servizio qualche locale di sua proprietà. Sul bilancio pesava anche la spesa di £. 80 annue per il canone di manutenzione della linea telegrafica. 

   Il 12 settembre del 1903, il Consiglio comunale, tenuta presente la proposta del consigliere Giacomo Palmisani che sollecitava l’istituzione di un secondo servizio di procacciato e quella del consigliere Beniamino Piccioli che voleva far partire la posta da Tuglie alle ore 13, essendo più che sufficienti 50 minuti per l’arrivo del procaccia ad Alezio, incaricò la Giunta municipale di trovare i mezzi più opportuni e solleciti per attivare il medesimo dalla stazione ferroviaria di Sannicola (per i maggiori rapporti commerciali con quella stazione e per ragioni di maggiore vicinanza al paese). 

   Nel dicembre del 1903, il sindaco dr. Raffaele Mosco, in seguito alla soppressione del posto di portalettere per ragioni di bilancio, chiese al Ministero delle Poste e Telegrafi di assumersi l’onere della spesa occorrente per il suddetto servizio. Poiché il Ministero rispose negativamente per mancanza di fondi disponibili, il dr. Mosco decise di trasferire l’Ufficio nel locale della vecchia segreteria posto al piano terra della casa comunale. 

   Così, dal 1° gennaio 1904, i cittadini potevano ritirare direttamente la corrispondenza allo sportello, in prossimità della piazza e senza alcuna spesa per il Comune. 

   Il 18 gennaio 1904, l’Amministrazione comunale, per l’attuazione del secondo servizio di procacciato tra Tuglie e la stazione ferroviaria di Sannicola, per prima cosa dovette assumerne la diretta responsabilità e, poi, provvedere al reperimento dei fondi necessari al suo mantenimento nel tempo, considerato che la Direzione Provinciale territorialmente competente, non poteva concorrere nella spesa (come, invece, sperava il Comune). 

   Alla fine, per i due raccordi postali con le stazioni di Alezio e Sannicola, sulle casse comunali gravò la spesa annua di £. 320 a beneficio del procaccia Giuseppe Leopizzi il quale, nel frattempo, si era impegnato ad assumere il servizio dal 1° giugno 1904 e sperando che il Ministero P.T., appena le condizioni di bilancio fossero divenute propizie, avrebbe contribuito a concorrere alla spesa assunta. 

   E per finire, il 13 novembre 1911, per proposta del consigliere Pasquale Imperiale, il Comune chiese all’Organo postale provinciale la collocazione di una cassetta postale in piazza Garibaldi, tenendo presenti le condizioni topografiche del paese. 

   Verso la fine dell’Ottocento la rete stradale di Tuglie era costituita dalle vie principali di Parabita (oggi via Aldo Moro) e di Maglie (oggi via Tieste), che convergevano verso il largo piazza o piazza mercato (oggi Piazza Garibaldi). Proseguivano poi con la via San Giuseppe di Sopra (oggi via Plebiscito) e con la parallela via San Giuseppe di Sotto (oggi via 24 Maggio) per ricongiungersi nella piazzetta della chiesa di San Giuseppe e quindi continuare verso nord-ovest con la via Galatone-Nardò (oggi via Vittorio Veneto). Da quelle strade più importanti partivano le trasversali che davano vita agli insediamenti di via Aragona, Saccomanno, De Pretis, Pisacane, Pisanelli, Eleonora, Alezio, Largo Croce, Largo Venturi, Calvario, Notar Vergine, Termiti, Manara, Dell’Anime, Garibaldi, Cavour, XX Settembre, Piemonte, Mazzini, Arco Spiriti, Varese, De Matteis, Passaturi, e le Corti Pastore, Mottura, Corte I la chiusa, Corte II la chiusa, Vico Marrella, Vico D. Pasquale e Vico Toma. Nel 1899 l’Amministrazione decise di allargare l’imbocco della via di Alezio mediante l’abbattimento degli angoli delle abitazioni di Vitantonio Petruzzi e Giuseppe Fedele. Quel tratto di strada era molto pericoloso essendo in discesa e misurando una larghezza di appena metri 3,50. Il 15 dicembre dello stesso anno venne approvata la perizia presentata dal perito Rocco Serino da Parabita e quindi si dette inizio all’esecuzione dei lavori. A quel tempo, la parte del paese posta sulla via Giardini (oggi via Cairoli) andava estendendosi sempre di più, sia per i nuovi fabbricati costruiti e sia per lo sviluppo commerciale della zona. Mancava però una via di comunicazione con la strada di Parabita. Il Consiglio comunale, nella seduta del 20 aprile 1900, incaricò il perito Rocco Serino di redigere il progetto e di dare immediata esecuzione ai lavori. Il 20 settembre del 1902 il Consiglio comunale di Neviano aveva adottato una deliberazione di massima per la sistemazione della strada Tuglie – Neviano, costituendo un Consorzio con i Comuni di Tuglie e Gallipoli. Nel luglio del 1903 l’amministrazione di Tuglie aderì al Consorzio proponendo come punto di sbocco della via da sistemare il largo Croce, che s’immetteva nella provinciale Tuglie – Alezio – Gallipoli. Il Consiglio del Comune di Tuglie approvò tale soluzione e sollecitò l’inizio delle opere per dare lavoro ai contadini dei paesi interessati al progetto che da tempo vivevano in miseria a causa della persistente disoccupazione.

   L’anno successivo fu deliberato l’allargamento della via Oliveto (oggi via Risorgimento) in corrispondenza della proprietà di Vito Stamerra e Damiano Moscatello per consentire il traffico delle vetture. Successivamente si dovette intervenire sulla via Maglie nel tratto presso l’abitazione di Giuseppe Romano. La via in quel punto si restringeva tanto da lasciare appena libero il transito delle vetture. Nel 1906 furono completati i lavori di sistemazione della via Garibaldi (oggi via Don Sturzo), con l’introduzione dei marciapiedi, ed i lavori della via De Matteis (oggi via C. Battisti), progettati ed eseguiti dal perito Damiano Rubino.

   Gran parte del merito della sistemazione planimetrica delle strade di Tuglie ottocentesca spetta al sindaco Ambrogio Piccioli (nato il 20 settembre 1864 – morto il 22 giugno 1943), il quale migliorò il benessere generale della popolazione, creando una delle più fiorenti industrie tugliesi. 

   Nel periodo in cui fu sindaco di Tuglie (1909-1914) cambiò letteralmente l’assetto stradale del paese, ampliandolo in tutte le direzioni, specialmente verso i Termiti e la stazione ferroviaria ed anche verso l’Aragona.

   Fin dal 1900 il Cav. Ambrogio Piccioli realizzò sulla via di Parabita un vasto stabilimento per la fabbricazione e distillazione dell’alcool. Stiamo parlando delle Distillerie e Raffinerie di Alcool Piccioli che, col passare degli anni, costituirono un vanto per tutto il Mezzogiorno d’Italia; certamente il maggiore stabilimento, per importanza, di tutta la regione salentina; un centro industriale di prim’ordine che per efficienza e modernità di macchine ed impianti e per qualità e quantità di produzione, nulla aveva da invidiare alle migliori iniziative del genere che sorgevano un po’ dappertutto, specialmente nell’alta e media Italia. 

   Verso la fine dell’Ottocento esistevano nella provincia di Lecce alcune distillerie che producevano una grande quantità di acquavite grezza. Acquistata da alcune ditte dell’Italia settentrionale (specialmente di Milano, Padova e di altre città), quell’acquavite veniva rettificata negli stabilimenti del nord, trasformata in alcool e poi utilizzata per la produzione di liquori. 

   Con la costruzione dello stabilimento, che comprendeva anche l’opificio di rettificazione, Ambrogio Piccioli ritirava tutta l’acquavite grezza prodotta annualmente dalle distillerie del Basso Salento e la rettificava con i propri macchinari e con la propria manodopera, creando una vera industria dell’alcool locale. 

   Grazie alle distillerie e raffinerie Piccioli, la produzione dello spirito che prima era prerogativa del nord, ora si realizzava a Tuglie con grande vantaggio economico per tutta la provincia di Lecce. Nelle annate in cui l’acquavite abbondava, lo spirito prodotto dallo stabilimento Piccioli non solo serviva per il consumo locale, ma anche per le altre province d’Italia e persino per l’estero, dove veniva esportato spirito puro di ottima qualità. Perciò, a partire dai primi anni del 1900, una grande quantità di acquavite grezza prodotta nella provincia di Lecce, passava per Tuglie per essere lavorata e messa in commercio. Le distillerie e raffinerie Piccioli costituivano un complesso di parecchie centinaia di metri quadrati di fabbricati, nei quali moderne macchine ed operai specializzati producevano su vasta scala alcool purissimo e liquori di ottima fattura.

    Lo stabilimento Piccioli provvedeva al ritiro ed alla lavorazione della vinaccia per la produzione dell’alcool rettificato, del cremore di tartaro e del tartaro di calcio; al ritiro delle acquaviti allo stato grezzo e loro trasformazione in alcool puro; alla produzione di alcool denaturato e di liquori che venivano venduti in tutta Italia ed anche all’estero.

   Ambrogio Piccioli, un uomo modesto, ma dalle grandi vedute industriali, ricoprì la carica di sindaco dal 1909 al 1914 operando con grande impegno e correttezza nel campo della pubblica amministrazione. Fu giustamente considerato il fondatore della Tuglie moderna. Amministratore intraprendente e tenace, riuscì ad ottenere il Decreto Reale di espropriazione forzata per pubblica utilità del trappeto di Giuseppe Ria, che un tempo si trovava nel bel mezzo dell’attuale Piazza Garibaldi (allora largo Piazza), e costituiva un comprensibile ostacolo all’ampliamento e alla sistemazione della stessa. 

   Nel novembre del 1911 l’amministrazione Piccioli espresse parere favorevole all’illuminazione elettrica in Tuglie; però la spesa per l’impianto non doveva superare la somma di lire 1490 già impegnata per illuminare le strade con 47 fanali a petrolio. Nel 1913 la Ditta Maccaferri presentò l’offerta per l’impianto della luce elettrica nel Comune di Tuglie e in quelli di Alezio, Matino, Parabita, Sannicola e Neviano. Il Capitolato d’appalto prevedeva l’illuminazione completa di tutte le strade e della Piazza e la possibilità di portare la luce elettrica negli stabilimenti vinicoli ed industriali e nelle case dei cittadini a prezzi modici. Il 23 maggio dello stesso anno fu dato il via per la costruzione dell’impianto di luce elettrica a Tuglie e nei Comuni cointeressati, affidandone l’esecuzione alla Ditta Maccaferri che aveva offerto condizioni molto vantaggiose. Per far fronte alla spesa annua di £. 3.240,00, l’amministrazione stabilì di utilizzare i fondi già impegnati per la pubblica illuminazione ed il ricavo dell’affitto dei dieci vani di proprietà comunale siti in Piazza Garibaldi che ammontava a £. 1.316,50.

   Dopo la prima guerra mondiale, Ambrogio Piccioli individuò un noto artista salentino, Antonio Bortone da Ruffano, al quale commissionò un monumento artistico che ricordasse i Caduti in Guerra del paese e lo fece collocare nella piazza di Tuglie. L’artista ruffanese, la cui maestria è riconosciuta a Biella con il busto di Quintino Sella, a Firenze con il monumento a Gino Capponi, a Torino con il busto al Conte di Cavour, a Ruffano con una Vittoria Alata, a Maglie con il monumento a Francesca Capece, era conosciuto in tutta Europa. I salentini, in ricordo dello scultore Antonio Bortone, vollero costruire un magnifico busto a lui dedicato, in Piazza Santa Caterina, a Galatina, opera dello scultore Pietro Cavoti.

   Il Comune di Tuglie è stato uno dei primi della provincia di Lecce ad innalzare il Monumento ai Caduti in Guerra; furono spese più di settantamila lire raccolte con una sottoscrizione spontanea fra i cittadini. Per l’occasione venne costituito un Comitato che nel 1921 presentò al sindaco l’istanza per innalzare il Monumento ai Caduti in Guerra al centro della piazza. 

   I Caduti del Comune di Tuglie alla fine della prima guerra mondiale furono novantasette, non pochi per un piccolo Comune. Alcuni cittadini furono decorati per atti di valore in combattimento: Tenente Alberto Melica, Medaglia d’Argento; Sottotenente Silvio Santese, Medaglia di Bronzo; Artigliere di montagna Giuseppe Romano, Medaglia di Bronzo; Aspirante Ufficiale Cosimo Luigi Errico, Medaglia di Bronzo.  

   Il 29 novembre 1921, il Consiglio comunale, presieduto da Giuseppe Chetta (primo sindaco socialista di Tuglie), sulla domanda presentata dal Comitato appositamente costituito, deliberò di concedere l’autorizzazione per l’erezione del Monumento ai Caduti in Guerra nel luogo prescelto in Piazza Garibaldi. 

   Il Consiglio comunale, per onorare i valorosi caduti sul campo di battaglia, il 2 maggio 1923 deliberò l’istituzione del Parco della Rimembranza sul terreno di proprietà comunale denominato Cazzillo o Calate.

   L’8 marzo 1924, il Comune sottoscrisse la somma di lire cento (oltre alle piccole sottoscrizioni dei cittadini) per il Monumento Nazionale ai Carabinieri Reali, costruito dal Comitato Nazionale Centrale in Torino, per iniziativa della principessa Letizia di Savoia Napoleone, Duchessa d’Aosta, e sotto il patronato della Regina Madre. Anche il popolo di Tuglie volle concorrere alla costruzione del Monumento al Carabiniere, sia pur modestamente, in segno di riconoscenza e di ammirazione per l’Arma Benemerita.

   Ambrogio Piccioli, inoltre, impedì con ogni mezzo, a vantaggio dei tugliesi, la realizzazione del primo progetto ferroviario salentino, che individuava decisamente fuori dell’abitato di Tuglie l’ubicazione della relativa stazione e ne favorì l’attuale vantaggiosa sistemazione. 

   Nel mese di dicembre del 1914 il sindaco-industriale presentò le dimissioni dalla carica di sindaco e di consigliere comunale perché gli affari relativi alla gestione della sua famiglia non permettevano di occuparsi di quelli del Comune. I Consiglieri, in nome della Giunta e della cittadinanza, pregarono Ambrogio Piccioli di ritirare le dimissioni confermando il loro debito di riconoscenza per tutto quello che aveva fatto per migliorare le condizioni del paese, specialmente per l’igiene, la viabilità, l’istruzione elementare e la sistemazione della Piazza Garibaldi. Ma non ci fu niente da fare. Piccioli aveva deciso di lasciare la pubblica amministrazione e così fece. Al suo posto, il 25 febbraio 1915, fu eletto sindaco l’avv. Francesco Mosco. 

   Nel 1940, in un momento molto difficile per l’Italia e per i tugliesi, fu di nuovo chiamato ad amministrare il suo paese in qualità di commissario prefettizio e restò in Municipio fino al 1941, anno in cui fu nominato podestà il dr. Silvio Santese. Nell’ultimo periodo della sua attività amministrativa Piccioli s’interessò per la costruzione di un idoneo edificio scolastico e di un nuovo cimitero comunale. I tragici eventi del secondo conflitto mondiale e la sua morte impedirono la realizzazione di questi ultimi progetti. 

Ricerca storica e archivistica a cura di Lucio Causo.

 

Tuglie Distilleria Piccioli

 

2 pensieri su “TUGLIE TRA OTTO E NOVECENTO

    1. Gent.ma Sig.ra Concetta Muia, mi scuso per il ritardo con cui le rispondo, ma ho avuto problemi di salute con l’influenza, che è stata brutta. Ma mi sono ripreso bene dopo una lunga malattia. In queste ultime settimane il mio vecchio computer è stato danneggiato da un forte sbalzo di tensione. E’ stato rottamato e ho dovuto procurarmene un altro di seconda mano, in buone condizioni, per continuare a lavorare. La ringrazio per l’interessamento al mio lungo saggio, scaturito da una intensa ricerca storica e archivistica. Era il periodo di Oreste Primiceri (1879 – 1960), geometra, imprenditore, sindaco e podestà di Tuglie, a cui recentemente è stata intestata una strada comunale, e dei dottori Corvaglia, Ferrari, Vergine, Mosco ed altri medici condotti di allora. Un periodo difficile per il sud e per l’Italia. Ho scritto altri saggi su periodi antecedenti e successivi a questo e due volumi su Tuglie nel XX secolo, che possono essere consultati presso la Biblioteca Comunale di Tuglie. Sono contento che mi abbia scritto. La ringrazio di cuore e la saluto cordialmente. Lucio Causo.

      "Mi piace"

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.