L’iconografia risorgimentale ha concentrato l’attenzione nella celebrazione di Ana Maria De Jesus Riberio, più nota come Anita Garibaldi, la cui figura, nelle pose di combattente, di presenza costante accanto al suo Generale, di malata trasportata a fatica tra le valli di Comacchio, moribonda su un carretto o su un letto, è stata immortalata da diversi ignoti pittori, nonché in monumenti.
Solo recentemente la ricerca storiografica ha illuminato una realtà di presenze femminili partecipi, in vari modi, agli eventi risorgimentali, colmando così una spiacevole lacuna e, quasi con sorpresa, scoprire che quelle lotte e quelle aspirazioni furono condivise anche da un numero considerevole di donne, fino ad allora relegate, almeno nell’immaginario collettivo alimentato da una letteratura sentimentale, al ruolo di madri, sorelle, mogli che si erano caricate sulle proprie spalle le difficoltà che derivavano dalla latitanza o dalla prigionia dei loro congiunti.
Si potrebbe dire che maggior fortuna abbiano avuto invece le donne, le drude, dei briganti che hanno trovato spazio e risonanza in recenti pubblicazioni, raffigurate in una dimensione picaresca, trasgressive, antesignane di un rifiuto del conformismo cui le sottoponeva la società dell’epoca; quasi che la stessa tensione di affrancamento non appartenesse a una Enrichetta Di Lorenzo, moglie di Dioniso Lazzari, che intrecciò una tormentata relazione amorosa con il cugino del marito, l’anarchico Carlo Pisacane, massacrato nella sfortunata avventura di Sapri il 2 luglio 1857: non solo condivise le fughe e gli esili, ma partecipò attivamente, affrontando gli austriaci, nelle Cinque Giornate di Milano nel 1848, e nel 1849 si trovò pienamente coinvolta nella difesa della debole Repubblica Romana, prodigandosi nell’assistenza ai feriti e ai moribondi, soggetta, dopo la morte di Carlo a continui trasferimenti per sfuggire alla polizia. La fitta corrispondenza tra i due è andata purtroppo perduta, distrutta alcuni decenni dopo da un’altra donna che ne era venuta in possesso, «sopraffatta da scrupoli morali!».
Quasi che Bianca Milesi, di origini borghesi, pittrice non sia stata una femminista ante litteram che sostenne i patrioti risorgimentali non solo disegnando l’emblema del Battaglione degli studenti di Pavia o inventando una carta crittografata con cui i congiurati comunicavano tra loro.
Certamente la società ottocentesca affidava alle donne sostanzialmente i ruoli di mogli e di madri, ma vi fu chi, contravvenendo alle convenzioni sociali, vestì abiti da uomo per scendere nelle piazze e combattere o per partecipare alla spedizione dei Mille, come la padovana Tonina Masanello; donne che rischiavano la propria reputazione, il carcere o addirittura la vita per portare aiuto ai patrioti prigionieri, mantenere i contatti, trasmettere messaggi nascosti tra i capelli come usava la contessa Marina Gambarana Frecavalli o tra la biancheria, come la gallipolina Antonietta De Pacealla quale negli ultimi anni sono state dedicate non poche ricostruzioni biografiche.
Se molti patrioti hanno affidato ai posteri il ricordo delle loro azioni sotto forma di memorie, altrettanto non è avvenuto, quantitativamente, per quelle donne che vissero quegli anni e solo epistolari indiretti, come le Ricordanze di Luigi Settembrini, o più diretti come le autobiografie della milanese Cristina Trivulzio Belgioioso, delle napoletane Enrichetta Caracciolo e Grazia Mancini, consentono di percepire quale ruolo possano aver giocato le donne.
La partecipazione femminile ai moti risorgimentali fu quindi a vari livelli, ma soprattutto svolsero una funzione di aggregazione e di collegamento utilizzando i propri salotti dove si incontravano i cospiratori e dove era possibile raccogliere i fondi per sostenere gli esuli e finanziare le attività rivoluzionarie.
Lodevole e di grande interesse è pertanto la pubblicazione curata dal Comune di Napoli in occasione del 150° dell’Unità d’Italia, Il Risorgimento Invisibile. Patriote del Mezzogiorno d’Italia, scritto a più mani, che porta alla ribalta i profili biografici di molte donne meridionali, di militanti nel movimento risorgimentale, alla cui consultazione, disponibile anche sul web, rinviamo il lettore.
Un capitolo è dedicato a due figure straniere, Jessie White, giornalista, storica e militante del Risorgimento, di origini inglesi, moglie di Alberto Mario, garibaldino, imbarcatasi con i Mille come infermiera; il suo fervore le procurò l’appellativo di Miss Uragano, mentre Giuseppe Mazzini la definì la Giovanna d’Arco della causa italiana; la francese Louise Revoil Colet, poetessa, romanziera, bella, focosa, intraprendente, moglie del musicista Hippolyte Colet, frequentatrice di Victor Hugo, di Alfred de Musset e Alfred de Vigny, amante di Gustave Flaubert e sua musa ispiratrice per Madame Bovary, che prese a cuore i moti unitari e in onore dei Fratelli Bandiera scrisse un’ode.
Questa incursione di donne straniere nella pubblicazione di sopra citata offre l’opportunità di rievocare un’altra scrittrice la cui opera mise in allarme la polizia borbonica e sulle cui tracce fu ordinato di porsi anche alle autorità di Terra d’Otranto, perché è ben noto che compito di ogni polizia, sotto qualsiasi sistema politico, è di tenere sotto controllo il territorio, verificare e relazionare sullo spirito pubblico, adoperarsi per la sicurezza interna dello Stato, prevenire e reprimere ogni manifestazione tesa a criticare, scalfire o sovvertire l’ordine costituito; tale legittima e ovvia attività si svolge in forme e pressioni diverse a seconda della forma di governo, autoritario o democratico.
Nel periodo prerisorgimentale, il Regno di Napoli era tenuto sotto l’occhiuta vigilanza della polizia borbonica e nell’Archivio di Stato di Lecce si conserva una voluminosa documentazione relativa all’azione preventiva e repressiva posta in atto dagli organi locali.
In altre sedi e più autori si sono occupati di evidenziare in quale misura e con quale violenza la Terra d’Otranto sia stata oggetto della vigilanza poliziesca rivolta sia nei confronti dei cosiddetti attendibili, riscaldati, sia nei confronti della stampa e come essa si acuisse a ridosso di eventi particolari quali la concessione della Costituzione del 1820, il colpo di stato francese del 1830, gli eventi del 1848, l’impresa dei Mille.
Scorrendo la documentazione presso l’Archivio di Stato di Lecce, con particolare attenzione agli Atti di polizia riguardanti la vigilanza sulla stampa per il periodo 1830-1849, l’attenzione è stata attratta dalla corrispondenza relativa alla ricerca, al sequestro e alla distruzione del libro, diviso in due volumi, della scrittrice e viaggiatrice irlandese Lady Morgan intitolato Italy.
Una riservata datata Napoli 17 gennaio 1822 veniva diramata nel Regno e ordinava il blocco di «un libro indegno… fomentatore di carbonica indipendenza»[1].
Il Commissario Generale della Polizia Reale ordinava la proibizione di un libro, tradotto dall’idioma inglese, di cui era autrice Lady Morgen. Cotesto libro veniva diffuso anche nella Provincia di Terra d’Otranto: un libro indegno che era stato bruciato per mano del boia a Parigi, in Torino ed in Venezia. Nella città di Roma si facevano ricerche per vedere se alcun esemplare potesse esistere presso qualche libraio, o particolare venditore di libri, onde poi requisirlo e consegnarlo pubblicamente alle fiamme vendicatrici di così nefando libello, fomentatore di carbonica indipendenza.
Come si può ben notare dalla nota diramata non vi è l’indicazione del titolo dell’opera e lo stesso nome dell’autrice appare corrotto nella trascrizione, si fa riferimento ad una traduzione (ma risulta che ve ne sia stata una non in italiano ma solo in francese), rendendo così più difficoltose le ricerche.
L’originario nome dell’autrice era in effetti quello di Sydney Owenson, figlia di Robert, un attore cattolico irlandese che aveva a sua volta anglicizzato il suo cognome Macowen, e di Jane Hill, protestante. Sydney non rivelò mai la sua esatta data di nascita, collocabile tra il 1776 e il 1783 (o addirittura al 25 dicembre 1785, come lei stessa, certamente bugiardamente, affermò); ricevette un’educazione adeguata per una giovane borghese dublinese, inizialmente dai genitori, soprattutto dal padre, e rivelando ben presto delle doti particolari tanto che già nel 1801 aveva pubblicato un primo libro di poesie al quale seguì, nel 1802-1803, un primo romanzo, mentre il secondo vedeva le stampe nel 1805. Fu il terzo, diviso in tre tomi, pubblicato nel 1806, a darle successo e risonanza non solo nazionale e per il quale è più nota: The wild Irish girl. Tema centrale di questo romanzo era la rivendicazione nazionale di quell’Irlanda che con l’Act of Union del 1800, si era vista cancellare la propria indipendenza e il conseguente scioglimento del suo secolare parlamento.
Nel 1812 sposò Lord Thomas Charles Morgan, medico personale di Lord Abercon, avvalendosi, a buon diritto, del titolo di Lady Morgan, nome con i quale era molto nota negli ambienti sociali e culturali.
Il XIX secolo fu caratterizzato da quel fenomeno odeporico legato al Grand Tour per l’Europa, e l’Italia era una delle mete favorite dall’aristocrazia e dagli artisti. Sfugge ai più che a prendere parte a questi avventurosi e perigliosi viaggi fossero anche donne e Lady Morgan apparteneva a quella schiera di viaggiatrici per le quali un viaggio in Italia comportava anche coinvolgimenti politici e problematiche sociali.
Tra i nomi di rilievo di donne che intraprendevano avventurosi viaggi in Italia(stimolate non solo da uno spirito di emancipazione, da una tensione verso una crescita personale, ma anche dalla partecipazione emotiva, politica, intellettuale, alla ricerca dell’Indipendenza nazionale in quanto i movimenti liberali, costituzionalisti, indipendentisti combaciavano con le loro aspirazioni di affrancamento dai ruoli cui la società del tempo assegnava loro), ne evidenziamo alcuni: Mary Shelley (autrice, oltre che del più notoFrankestein e di altri romanzi e racconti, di A Vindication of the Rights of Woman with Strictures on Political and Moral Subjects); Margaret Fuller, giornalista e scrittrice americana che sposò il marchese romano Giovanni Angelo Ossoli, autrice di un saggio intitolato Il grande processo: l’uomo contro gli uomini, la donna contro le donne; FrancesTrollope; più tardi, ma con altri intendimenti, Janet Ross.
Il viaggio in Italia di Lady Morgan fu raccontato nel suo libro, in due volumi, intitolato Italy, pubblicato nel 1821[2].
Quando nel dicembre del 1819 Lady Morgan giunse a Roma, vide sgretolarsi davanti ai suoi occhi l’immagine letteraria e romantica di quella città che era stata la dominatrice del mondo; rimase negativamente colpita dalla commistione del poter temporale con quello religioso, dal connubio innaturale tra trono e altare.
Più avanti seguirà una analisi della pubblicazione, poiché al momento interessa seguire da vicino le azioni intraprese dalla polizia borbonica.
L’Intendente di Terra d’Otranto, pochi giorni dopo, diramò ai Sotto Intendenti e ai Giudici del Circondario le istruzioni per ricercare il libro, aggiungendovi l’aggettivazione di «nefando libello».
Con pari solerzia risposero i diversi organi periferici assicurando di aver preso nota dell’ordine ricevuto e di aver immediatamente impartito le opportune e necessarie disposizioni e di aver predisposto un’attenta vigilanza a che «l’infamante» libro non fosse introdotto nei Circondari di pertinenza.
Qualcuno assicurò di aver condotto le ricerche con esito negativo, ma vale la pena riportare tutte le risposte presenti nell’Archivio di Stato di Lecce, evidenziando quella del giudice Pasanisi da Soleto che approfitta dell’occasione per dichiarare che nel suo Circondario esistono persone di provata morale e sana politica; quella del giudice di Campi che appare come la ripetizione pedissequa di uno scolaretto che vuol dimostrare di aver ben recepito l’ordine alla lettera. Dalla loro lettura emerge una rituale e formale aderenza alle direttive ricevute.
Di questo nefando libro di Lady Morgan, già bruciato dal boia a Parigi, Torino e Venezia perché fomentatore di carbonica indipendenza, in tutto il Regno di Napoli non si trovò mai traccia; ebbe, invece, un maggiore riscontro nel Nord dove suscitò qualche dibattito.
Ci è stato possibile leggere il secondo volume di Italy, digitalizzato da Google, e ne abbiamo gustato la scrittura, la vasta erudizione, la sottile ironia, l’occhio attento, la capacità di andare oltre la superficie dell’apparenza, consentendoci quindi di partecipare al nostro lettore i temi in esso contenuti, e rispondere al quesito se il suo contenuto fosse realmente, e in quale misura, pericoloso per il potere borbonico.
La risposta va ricercata nei giudizi, sparsi qua e là, sulla condotta morale, su certe forme di libertinaggio, sull’assenza d’istruzione, sul costume del baliato, su quello di fasciare gli infanti, sul rifiuto del vaccino, sulle figure dei cavalier serventi, sulla riproposizione di stereotipi negativi tanto sull’Italia, tanto sugli italiani. Pesava anche, molto certamente, la nomea che le opere di Lady Morgan erano pregne di una veemente polemica nei confronti dei Borbone, sia francesi che spagnoli; di un’aspra critica al potere temporale dei papi, alle ingerenze dei preti e dei monaci nella vita delle persone.
In Italy, Sydney Owenson nel descrivere ciò che vede, i paesaggi, i monumenti, la vita quotidiana, mostra di avere un suo punto di vista, un atteggiamento critico e comparativo.
A impensierire non era tanto il capitolo XXIII dedicato alla città di Napoli con la descrizione dei suoi monumenti e siti interessanti, quanto il capitolo XXIV dove, dopo una ricostruzione storica che giunge ai suoi giorni, si riferisce all’ancora fanciullo Ferdinando IV di Borbone.
Lady Morgan stigmatizza le maniere popolane del re nell’usare il dialetto dei lazzaroni; ironizza sulla sua totale sottomissione, marito e schiavo di Carolina nei confronti della quale esprime giudizi pesanti.
Altrettanto forti sono le pagine sulla politica repressiva e sull’entourage politico che circondava Ferdinando IV, non risparmiando John Acton definito «avventuriero»; sulla rivoluzione del 1799; sui confronti con il periodo murattiano; sulla presa di posizione che ella assume in difesa di un popolo abbandonato a se stesso evidenziando invece come il Regno di Napoli avesse dato i natali a illustri personaggi e che quelle spesso esagerate attribuzioni che si danno ai napoletani di essere falsi e disonesti siano, in realtà, il risultato del sottosviluppo sociale e culturale.
Nel suo scritto l’autrice denuncia l’abisso esistente tra il popolo e le classi superiori rappresentate dai nobili, dai proprietari, dalle professioni e sottolinea ancora una volta l’incapacità di un re la cui incompetenza era nota alla stessa massa dei lazzaroni che con lui sapevano di poter condividere una sola passione, mangiare maccheroni.
Lady Morgan esprime tutta la sua solidarietà e vicinanza.
La carbonica indipendenza fomentata dal libro è presente nelle pagine in cui Lady Morgan esprime il suo entusiasmo per la Carboneria e definisce i carbonari patrioti, persone disinteressate e coraggiose.
Abbiamo sintetizzato a grandi linee le tematiche trattate nelle cinquantadue pagine che formano il XXIV capitolo, estrapolando solo alcuni passi, ritenendoli sufficienti per comprendere che vi era abbondante materia per suscitare apprensione e scatenare la caccia poliziesca.
Quelle pagine oscuravano le altre in cui Lady Morgan descriveva ed esaltava tanti altri aspetti positivi che aveva registrato a Napoli e nel regno.
Sydney Owenson, ovvero Lady Morgan, si pone quindi in quella scia di donne che ebbero delle influenze in quel particolare momento storico. Ella si pone nella scia letteraria di Madame De Staël (addirittura anticipandola); fa parte di quella schiera di donne superiori, enfatizzata e proposta dalla letteratura dell’epoca; in quanto viaggiatrice, va inserita in quell’altra legione di donne che, affrontando non poche difficoltà, attraversavano l’Europa, entravano in contatto con realtà culturali e sociali con le quali dialogavano, sia direttamente, che indirettamente, attraverso i loro scritti, poetici, letterari, di impressioni di viaggio.
Il Risorgimento non si esplicitò semplicemente negli atti di ribellione, nelle rivolte di piazze e di città, di battaglie, ma alla base vi erano dei sentimenti animati e vivificati dalla cultura, dall’arte nelle sue diverse espressioni: si pensi ad Alessandro Manzoni o a Giuseppe Verdi che di fatto non presero parte attiva ai movimenti, ma il loro pensiero, la loro scrittura in versi o in prosa o in musica rappresentavano dei punti di riferimento di ideali da perseguire.
Ideali condivisi da quell’“altra metà del cielo” che una letteratura e una storiografia al maschile ha in qualche maniera minimizzato se non addirittura appannato.
[1] I documenti di seguito riportati sono in ASLE, Intendenza di Terra d’Otranto, Atti di polizia, “Napoli 1822-Proibizione del libro di Lady Morgen tradotto dall’idioma inglese, busta 114, fasc. 3698, Anno 1822.
[2]Lady Morgan, Italy, in two volumes, Henry Colburn and Co., London 1821.